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“Il rischio della mancanza di fiducia del cittadino nelle istituzioni”

Il rettore Francesco Basile: "Come ateneo, dobbiamo sempre tenere bene a mente il rapporto stretto tra trasparenza e meritocrazia, formazione e occupazione, perché questo è ciò che la cittadinanza ci chiede"

29 Giugno 2018

Si è svolto nella prestigiosa cornice dell’aula magna del Palazzo centrale dell'Ateneo catanese il convegno “Il rischio della mancanza di fiducia del cittadino nelle istituzioni”, organizzato dal Centro di documentazione, ricerca e studi sulla cultura dei rischi di Catania in collaborazione con l’Università di Catania, l’Ordine nazionale degli Psicologi e l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Catania.

Nel suo indirizzo di saluto, Francesco Basile, rettore dell’Università di Catania, ha evidenziato «l’acquisita certezza, più che il rischio, che in alcune istituzioni, anche se non in tutte, non si riponga più fiducia. Politica ed enti locali, sono sicuramente molto in basso nella stima diffusa, ma ancora le istituzioni scolastiche e universitarie in qualche maniera reggono nell’immaginario collettivo. Dal canto nostro, come ateneo, dobbiamo sempre tenere bene a mente il rapporto stretto tra trasparenza e meritocrazia, formazione e occupazione, perché questo è ciò che la cittadinanza ci chiede». Il prefetto di Catania, Silvana Riccio, ha dal canto suo sottolineato la «necessità di interrogarsi su come ogni rappresentante istituzionale interpreti il suo ruolo, la sua funzione. La fiducia dei cittadini non è certo a un livello alto, serve dunque cercare risposte giuste e condivise dalla collettività, facendo anche uno sforzo di comunicazione, puntando su trasparenza e condivisione».

Per Salvo Pogliese, sindaco di Catania, «la fiducia è certamente un elemento essenziale per le istituzioni. Se, come è indubbio, questa oggi è in calo c’è da riflettere. La politica in primo luogo deve fare un bagno d’umiltà, invertire la pericolosa rotta autoreferenziale che percorre da troppo tempo. È importante cominciare a intraprendere un percorso di trasparenza praticata, non solo predicata, con piena sobrietà e serietà dei comportamenti». Giorgio Sangiorgio, presidente dell’Ordine dei Dottori commercialisti ed esperti contabili di Catania ha puntato sul «ruolo di primo piano dei commercialisti per riportare in alto almeno la fiducia del cittadino nella sua veste di contribuente. Di sicuro da qualche tempo si è avviato un cambiamento nel rapporto con il fisco, rispetto al passato più trasparente e aperto».

Nella sua relazione introduttiva, Antonio Pogliese, presidente del Centro di documentazione, ricerca e studi sulla cultura dei rischi di Catania, ha sottolineato come «scopo del convegno non sia tanto soffermarsi sulla fiducia, sul piano psicologico, sociologico, filosofico e religioso. Ci interessa, invece, mettere in rilievo come la fiducia sia la scelta che rende possibile il vivere e il vivere in relazione: nell’amicizia, nell’amore, nel rapporto maestro/discepolo, nella relazione medico/paziente». Antonio Pogliese ha altresì evidenziato l’importanza dei dati anche per comprendere la realtà sociale: «nella mia deformazione professionale di aziendalista i dati, anche dei fenomeni sociali, assumono una notevole rilevanza. Nel caso in ispecie, i dati sulla fiducia nelle istituzioni sono stati recentemente pubblicati dal Rapporto Eurispes 2018 “La fiducia nelle Istituzioni”. Il livello di fiducia nelle istituzioni nel loro complesso nel 2018 è del 13%, con l’incremento del 7,7% rispetto al 2017. Allo stesso tempo diminuiscono coloro che indicano una fiducia in calo: dal 42,8% al 34,40%. Il governo ha ottenuto gradimento di un italiano su cinque (21,5%) e i consensi nei confronti del Parlamento arrivano al 22,3%. Cresce poi la fiducia nella Magistratura (+5,8%), ma il tasso dei consensi non supera comunque il 40%. Se letta attraverso i risultati in serie storica (2004-2018), l’indagine di quest’anno segna una interessante complessiva crescita del clima di fiducia nelle istituzioni, che continua a concentrarsi con maggiore intensità sulle forze di polizia, sulle forze armate e sui servizi di intelligence o su alcune delle alte istituzioni prese in considerazione come il volontariato e la protezione civile».

Orazio Licciardello, professore ordinario di Psicologia sociale all’Università di Catania, ha ragionato su “La fiducia nelle Istituzioni come processo psicosociale. Contributi di ricerca sul campo”, sottolineando come la «fiducia sia una dimensione relazionale di tipo psicosociale: indispensabile per la civile convivenza, ma fragile. Nello specifico, va anche considerata la profonda differenza tra la situazione di un tempo, nel quale il rapporto tra istituzioni e cittadini si caratterizzava anche formalmente per l’autoritarismo, e l’odierna situazione di democrazia, caratterizzata dall’interlocuzione». Giuseppe Meliadò, presidente della Corte di Appello di Catania, ha parlato su “Tutela dei diritti ed efficienza della giurisdizione”, puntando la sua attenzione su «come le istituzioni vengono percepite. Un tempo queste erano avvertite come intrinsecamente autorevoli, oggi la percezione collettiva esterna è mutata. Serve dunque un’opera di valorizzazione dei corpi intermedi, certo utili collanti sociali».

Per Alberto Francini, questore di Catania, che ha illustrato “L’abbassamento del senso di insicurezza nell’esperienza anglosassone e in quella italiana”, «negli ultimi decenni il mondo è cambiato radicalmente, con il tramonto delle grandi ideologie, della famiglia, con la velocissima trasformazione dei mass media. È inutile al punto in cui siamo parlare di statistiche, perché i reati calano, ma la gente si sente sempre più insicura. Urge allora una rivoluzione culturale, come quella avvenuta negli Stati Uniti, puntando molto sulla prevenzione delle situazioni potenzialmente in grado di degenerare». Gennaro Gigante, direttore della sede di Catania della Banca d’Italia, ha parlato de “La Banca d’Italia: una Istituzione al servizio dei cittadini”, ripercorrendo «gli anni non facili per l’istituzione che rappresento del 2017 e 2018, con la crisi di alcune banche, nazionali e locali, e la conseguente crisi di fiducia anche verso di noi e il nostro dovere di vigilanza. Crisi di fiducia che può essere rimontata anche e soprattutto a livello di comunicazione».

Carlo Pennisi, professore ordinario di Sociologia del diritto all’Università di Catania, ha invece intrattenuto i presenti su “Tipi di fiducia”, spiegando come «non sia possibile pretendere fiducia: questa si può solo offrire, rappresentando affidabilità, sperando che produca altra fiducia. Del resto, le istituzioni hanno bisogno di fiducia, ma è anche vero che non può esservi fiducia senza istituzioni». Giorgio Santonocito, commissario Arnas “G. Garibaldi” di Catania, ha tenuto la sua relazione “Dal rapporto medico-paziente a quello ospedale-paziente: la fiducia al tempo della Legge Gelli-Bianco”, evidenziando «la complessità delle dinamiche sanitarie, davvero difficili da raccontare. I nostri cittadini percepiscono il sistema sanitario come incapace di risolvere i problemi, ma in realtà quello italiano è uno dei migliori al mondo. In ogni caso, oggi il rapporto non è più paziente/medico, ma paziente/struttura e il passaggio dal diritto alla cura al diritto alla sicurezza della cura è ormai consolidato da tempo, come pure il superamento, in casi di malasanità, della ricerca del colpevole, soppiantata da una più razionale ricerca dell’errore».

Per Sergio Pintaudi, direttore del Dipartimento Emergenza dell’Azienda ospedaliera “G. Garibaldi” di Catania, che ha parlato su “La cura medica: tra assunzione di responsabilità e consapevolezza”, «la nostra società si è ormai incartata su se stessa, con sistemi che si autoalimentano e figure un tempo centrali cambiate radicalmente. Non esiste più, nel mio campo specifico, il rapporto medico/paziente. Oggi c’è Google, oggi c’è la presunzione di essere competenti tanto quanto luminari che hanno dedicato la vita alla ricerca».

La relazione di sintesi è stata tenuta da Giancarlo Magnano San Lio, pro rettore dell’Università di Catania, che ha posto la sua attenzione sulla comunicazione: «oggi viviamo con internet a disposizione per qualsiasi evenienza o esigenza, siamo immersi in processi e sentenze mediatiche, dentro una società che cambia velocissimamente, mutando anche i rapporti interpersonali. La necessità più grande, a mio avviso, è quella del recupero dell’umanesimo, inteso in senso tradizionale, ossia come rapporto fra uomini. Serve recuperare la tensione al bene comune, come pure la capacità di lavorare assieme».