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Dal dibattito è emersa la necessità di un lavoro sinergico tra operatori del diritto ed esperti di psicologia e politiche sociali per la creazione e l'applicazione di norme sulla gestione delle crisi familiari
Riflettori puntati sul progetto di riforma della disciplina dell’affido condiviso, di recente presentato in Parlamento, che tra l’altro prevede nuove norme relative ai tempi di frequentazione tra figli e genitori separati, la rimodulazione dell’assegno di mantenimento, figure professionali come i ‘mediatori’ che obbligatoriamente dovrebbero intervenire rispetto al conflitto tra i genitori, e nuove indicazioni in merito alla cosiddetta “alienazione genitoriale” che consiste nel condizionamento negativo del figlio da parte di uno dei genitori nei confronti dell’altro. Questi i contenuti della tavola rotonda dal titolo “L’affidamento condiviso, un istituto da riformare?” che si è svolta lunedì scorso nell’aula magna del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università, in occasione della chiusura del Corso di perfezionamento in Giustizia dei minori e della famiglia.
I lavori, presieduti dalla prof.ssa Vania Patanè, Direttore del centro di ricerca in Giustizia dei Minori e della Famiglia, hanno visto la partecipazione del prof. Tommaso Auletta, ordinario di Diritto privato e del prof. Santo di Nuovo, ordinario di Psicologia generale e presidente dell’Associazione Italiana di Psicologia, del dott. Massimo Pulvirenti, giudice presso la prima sezione Civile del Tribunale di Catania e dell’avv. Remigia D’Agata, dell’Associazione italiana Avvocati della Famiglia. Un ricco dibattito finale ha concluso i lavori, anche grazie ai contributi di altri esponenti dell’Università e della Magistratura presenti in sala.
Dal dibattito sono emersi molti punti critici del progetto di riforma: a detta degli esperti intervenuti, infatti, le soluzioni previste non appaiono in grado di fornire adeguate tutele al minore perché caratterizzate da una marcata standardizzazione delle procedure, che non consente una necessaria valutazione caso per caso da parte del giudice, e privilegia i bisogni dei genitori piuttosto che quelli dei figli. Appare improprio un eccessivo tecnicismo – come quello previsto dal progetto di legge - nelle decisioni attinenti alla vita personale di minorenni che si trovano a dover affrontare un momento assai delicato della loro esistenza, come quello caratterizzato dalla separazione dei genitori.
È necessario, invece – è stato osservato - un lavoro sinergico tra operatori del diritto ed esperti di psicologia e politiche sociali al momento di creare, e poi applicare, norme che devono agevolare la gestione delle crisi familiari, favorendo il mantenimento di adeguati rapporti tra genitori e figli. Partendo da una visione generale della famiglia che deve corrispondere a quella, molto variegata e in forte trasformazione, del contesto sociale e culturale attuale.