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Il sito del nuovo organo ufficiale d'informazione d'ateneo è accessibile all'indirizzo www.unictmagazine.unict.it
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Il giornalista catanese, vicedirettore del Post e autore del seguitissimo podcast mattutino, ospite ai Benedettini per dialogare con docenti e studenti del Disum
Vice-direttore della testata digitale Il Post, autore del seguitissimo podcast “Morning”, una rassegna stampa commentata che è stata definita "il primo vero podcast daily italiano"; per la rivista statunitense The New Yorker è «un fenomeno dei new media in grado di modernizzare il ruolo del giornalista nella società civile italiana». Il giornalista, scrittore e blogger catanese Francesco Costa è stato il protagonista dell’incontro dal titolo “Raccontare storie, interpretare il mondo”, che si è tenuto giovedì mattina nell’aula magna del Monastero dei Benedettini, su invito dei docenti dei corsi di Letteratura Antonio Sichera, Giuseppe Palazzolo e Attilio Scuderi, e della ricercatrice di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi Claudia Cantale.
Nato nel 1984, Costa si è laureato in Scienze politiche nell’ateneo catanese prima di trasferirsi a Milano e intraprendere un lungo percorso professionale che lo ha portato più volte negli Stati uniti. Tutti e tre i suoi primi libri sono dedicati a quella realtà: Questa è l'America. Storie per capire il presente degli Stati Uniti e il nostro futuro, nel 2020, Una storia americana. Joe Biden, Kamala Harris e una nazione da ricostruire l’anno successivo, e il nuovissimo California. La fine del sogno.
Lo hanno accolto numerosi ‘fan’ tra gli studenti e i docenti stessi del dipartimento di Scienze umanistiche, e lui ha ricambiato raccontando senza risparmiarsi la genesi dei suoi libri e dei reportage, illustrando il suo concetto di giornalismo, rispondendo a tutte le domande, anche quelle sul piano personale. «Mi sono formato in questa università, quindi sono molto contento di poter essere qui a raccontare come cerco di fare il mio lavoro», ha esordito Costa. «Lo ringraziamo per aver accettato di intervenire a chiusura delle attività dei corsi di letteratura – ha precisato il prof. Sichera -. Il suo modo di fare giornalismo è un antidoto all’idiozia, denota cioè una visione di apertura totale all’umano, tutt’altro che ristretta, e ci esorta a mettere in gioco le nostre precomprensioni sulle notizie e sugli stessi fatti, lasciandoci la facoltà di modificarle, nel momento stesso in cui ascoltiamo o leggiamo con attenzione, cura e amicizia le parole. Ogni mattina con il suo ‘Morning’, Costa è dunque promotore di una conversazione sui fatti pacata, che resta sulle cose, sempre rispettosa dell’altro da noi».
Sulle ‘corrispondenze’ americane del giornalista catanese si sono invece soffermati Scuderi e Palazzolo, evidenziando l’efficacia dei racconti sulla crisi della democrazia statunitense - «un vero e proprio stallo dell’American Dream, che lascia troppi spazi a un’idea di libertà infantile e astratta», lo ha definito Scuderi - e sui tanti allarmanti segnali che si stanno manifestando in una realtà pur mitizzata come quella dello stato californiano, a distanza di tempo dalle pur nitide ‘profezie’ di letteratura e cinema degli ultimi decenni del secolo scorso. «A noi servono strumenti per disinnescare gli inganni – ha sottolineato il prof. Palazzolo -, perché anche la realtà più tangibile passa attraverso le forme immaginarie e spesso non ci è semplice distinguere».
«Il giornalismo non è semplice capacità di scrittura – ha risposto Costa -, ma un’attività di indagine della realtà. Noi dobbiamo cercare di capire i fatti e poi raccontare quello che si è scoperto o appreso, sia che si tratti di una rapina in banca che della politica economica dell’Ue. La scrittura è una delle tecniche del racconto, ma questo si può fare anche con la voce, con le immagini o mescolando entrambe, senza però farci sommergere dalla complessità delle cose». «In un periodo storico nel quale tutti noi siamo costantemente sommersi da informazioni – ha aggiunto – dai mass media vecchi e nuovi esigiamo innanzitutto onestà intellettuale e indipendenza. Ma io penso che i giornalisti dovrebbero essere soprattutto curiosi, disposti a scoprire qualcosa che prima non sapevamo, coltivare anche una giusta dose di senso del ridicolo per riuscire a costruire a poco a poco la propria credibilità. E poi non bisogna limitarsi alla conoscenza delle notizie, bensì saper valutare i meccanismi con cui funziona l’informazione, al di là dei criteri emotivi che regolano la visibilità dei contenuti proposti ogni minuto dagli algoritmi dei social».
Il suo recente ‘viaggio’ in California riporta quindi la disamina di fatti, personaggi e fenomeni che possono offrire un’apprezzabile chiave di lettura sul declino di quella realtà, un tempo ‘isola felice’ della West Coast, attraverso la crisi del sistema scolastico che, specialmente dopo la pandemia, ha accentuato le distinzioni tra ricchi e poveri, o altri punti di vista quali la radicalizzazione politica, il mercato dell’edilizia e il razzismo sistemico, che possono offrire spunti di riflessione anche per la società italiana. «Anche perché prima o poi – ha concluso Costa -, quello che accade in California storicamente è destinato ad arrivare da noi».
In foto un momento dell'intervento di Francesco Costa nell'aula magna del Monastero dei Benedettini