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Il catanese Mario Presti ha vinto la “Giovanni Armenise Summer Fellowship”

Lo studente, iscritto al V anno di Medicina a Catania, ha trascorso due mesi ad Harvard per un innovativo progetto di ricerca

27 Gennaio 2020
Giuseppe Melchiorri

C’è uno studente dell’Università di Catania tra i vincitori della “Giovanni Armenise Summer Fellowship”, prestigiosa borsa di studio offerta a tutti gli studenti italiani iscritti a corsi di studio di ambito biomedico interessati alla ricerca di base e che offre infatti la possibilità di prendere parte alle attività di ricerca di un laboratorio affiliato con Harvard Medical School. Si tratta di Mario Presti, 23 anni, originario di Acireale, studente del V anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Ateneo catanese. 

“E’ stata una bella opportunità – spiega Mario – che mi ha permesso di vivere un’esperienza nel mondo della ricerca scientifica da una prospettiva privilegiata: quella di uno dei centri più competitivi al mondo. Durante i due mesi della fellowship sono stati organizzati i “Career development seminars”, incontri in cui gli studenti hanno avuto modo di confrontarsi con membri della faculty di Harvard e ricercatori italiani, in modo da essere guidati nelle scelte per la propria carriera”.

“Ad Harvard – afferma lo studente - ho frequentato il laboratorio del prof. Nir Hacohen al Broad Institute of MIT and Harvard. Nel mio caso, ho concordato un progetto con il prof. Hacohen su cui continuo a lavorare ancora adesso. Mi sono occupato di un modello computazionale per prevedere la risposta all’immunoterapia in pazienti affetti da melanoma. L’idea è quella di capire in anticipo, sulla base di particolari mutazioni presenti nelle cellule tumorali, se un paziente risponderà o meno a una terapia. In questo modo diventa possibile ottimizzare il percorso terapeutico, guadagnare tempo prezioso e svelare i meccanismi biologici di una mancata risposta clinica”.

Non è stato però facile ottenere la borsa, che prevedeva un contributo economico di 2.700 euro: “Sono venuto a conoscenza dell’opportunità grazie ad un amico e collega con cui condividevo il sogno di vivere un’esperienza di ricerca all’estero. L’assegnazione è un processo che ha previsto due step: la prima scrematura è avvenuta sulla base di un’application standard con una motivation letter, un essay per descrivere e giustificare la scelta del laboratorio da frequentare, due lettere di presentazione, il curriculum, un trascritto ufficiale degli esami con i voti e una prova di conoscenza della lingua inglese (che però era facoltativa); dopo questa prima scrematura, si è passati allo step successivo che consisteva in un’intervista su Skype. Solo la metà degli studenti che hanno raggiunto questo step sono stati successivamente selezionati. In totale, ogni anno, la commissione che si occupa delle selezioni riceva circa cento domande”.

Finiti i due mesi ad Harvard, il giovane Mario è andato a Copenhagen, dove scriverà anche la tesi: “Spero di laurearmi nel 2021, quando sulla base del mio percorso di studi dovrei finire il sesto anno. La mia tesi riguarderà il campo dell’immunoterapia: la scriverò in Danimarca al Center for Cancer Immune Therapy, nel laboratorio di Marco Donia, dove attualmente sto svolgendo delle attività di ricerca. Il dott. Donia, associato di Oncologia medica a Copenhagen, si è laureato e specializzato a Catania, dove è stato allievo del mio mentore, il prof. Ferdinando Nicoletti, ordinario di Patologia generale e Immunologia. Il progetto della mia tesi sarà dunque su un filone di ricerca identificato da entrambi, portando avanti una collaborazione internazionale iniziata dallo stesso prof. Nicoletti. Catania e, in particolar modo il laboratorio del prof. Nicoletti, sono stati determinanti nella mia formazione. Grazie a questo gruppo ho potuto muovere i miei primi passi nel mondo della ricerca e vivere concretamente ciò che prima era solo un desiderio. La ricerca, tuttavia, è soprattutto lavoro di gruppo e proprio a Catania ho avuto l’opportunità di conoscere colleghi brillanti con cui ho avuto la fortuna di collaborare e che mi hanno accompagnato durante questi anni: è stato proprio un collega a farmi scoprire il mondo della ricerca computazionale, tema dominante delle mie attività al Broad Institute”.

“Ho ancora due anni di studio da affrontare ma posso dire con certezza di avere già imparato che, anche con risorse limitate, è possibile seguire le proprie aspirazioni. La formazione dei primi anni in particolare nelle scienze di base, seguita poi dalle cliniche, mi ha reso competitivo e permesso di competere – quantomeno alla pari - con candidati di tutto il resto d’Italia per la borsa di studio Giovanni Armenise. Il tempo trascorso con il gruppo del prof. Nicoletti mi ha permesso di avere un curriculum competitivo e una eccellente capacità di presentazione scientifica, che probabilmente è stata uno dei punti forti della mia application. Ritengo ognuno dei momenti formativi vissuti a Catania come tasselli di un puzzle che hanno permesso la mia selezione all’interno del programma.

“Dopo la laurea – racconta ancora -, vista la mia passione per la ricerca, proseguirò i miei studi con un dottorato. La iperspecializzazione della ricerca biomedica odierna richiede mobilità per poter accedere alle tecniche più moderne. Proprio a Copenhagen, dunque, spero di continuare a mantenere un contatto costante con la clinica, mentre studierò l’immunoterapia nel cancro. Successivamente, vorrei prendere la strada dell’Oncologia, specializzandomi in un posto che mi permetta di coniugare attività clinica con ricerca traslazionale. La mia esperienza è l’esempio chiaro di come l’internazionalizzazione sia un punto cruciale della formazione per noi studenti, poiché ci permette di conoscere nuove realtà, realizzare collaborazioni e sviluppare al meglio le nostre scelte. Per questo motivo merita un plauso il lavoro del rettore Priolo, volto a dare agli studenti dell’Università di Catania sempre più visibilità a livello internazionale”. 

Seppur giovanissimo, le esperienze ad Harvard e a Copenhagen non sono state le prime all’estero per Mario. “Già durante i miei anni da liceale – ricorda -, ho potuto sfruttare diverse opportunità formative all’estero offerte dalla mia scuola, il Gulli e Pennisi di Acireale, principalmente orientate all’apprendimento linguistico. Quella a Boston è stata però la prima esperienza all’estero durante i miei studi universitari”.

I dati sugli iscritti al test di accesso a Medicina dimostrano che questa facoltà è in assoluto una delle più ambite. Cosa consiglierebbe Mario ai giovani che intendono intraprendere la sua stessa strada? “Da liceale, durante i mesi di studio per il test di Medicina, cercavo continuamente di capire se studiare Medicina fosse la scelta giusta e i dubbi, sommati alla paura di non entrare, rendevano la situazione insostenibile. Non sapevo che la risposta a quei dubbi sarebbe arrivata solo dopo qualche anno di studi universitari – aggiunge -. Quello che ho capito e che consiglio di tenere bene a mente a tutti gli studenti che si trovano nella stessa situazione in cui io mi trovavo anche io qualche anno fa è di non sentirsi “prigionieri” delle proprie scelte. Da liceale ero certo di voler studiare il funzionamento del corpo umano ma sarebbe stato impossibile per me capire a quel punto se avessi voluto fare o meno il medico in futuro. Di certo non avevo contezza del mondo della ricerca. Quello che ho scelto e che desidero diventare è infatti un’idea che è frutto di anni di ripensamenti e rivalutazioni che continuano ancora oggi”.

Infine, una considerazione sugli obiettivi per il futuro: “Sin dai primi anni di studi ho orientato le mie scelte alla ricerca di una carriera che mi permettesse di trovare un equilibrio tra l’attività clinica e la ricerca, in modo da poter essere impegnato in entrambe nel mio futuro professionale. Il mio sogno sarebbe quello di diventare dunque un “clinician-scientist”, un medico che si occupa anche di attività di ricerca di base da poter applicare in modo diretto alla clinica. Il mio sogno più grande, a lungo termine, resta però sempre quello di ritornare un giorno nella mia città, Catania, e restituire con il mio contributo tutto ciò che mi è stato dato in questi anni”.