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A Santa Venerina, preceduta da un incontro al Disum, la cerimonia di premiazione della XIII edizione del premio dedicato all'inviata del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan
Premiazione ma anche riflessione. Si è svolta sabato sera, nella splendida location del Cine Teatro Eliseo di Santa Venerina, la cerimonia di premiazione della tredicesima edizione del Premio Internazionale di Giornalismo intitolato a Maria Grazia Cutuli, l’inviata del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan il 19 novembre del 2001.
I tre vincitori sono stati: per la sezione “Stampa Estera”, il giornalista greco Teodoro Andreadis Synghellakis, corrispondente da Roma della radiotelevisione greca Alpha, dell’agenzia di stampa Amna e del quotidiano Efimerìda Syndaktòn; per la sezione “Stampa Italiana”, la giornalista Carmela Giglio, storica inviata di Tg1 e Gr1 e da settembre corrispondente per la Rai da Turchia, Iraq, Siria ed Europa meridionale; per la sezione “Giornalista siciliano emergente”, Laura Bonasera, 33 anni, di Enna, ma trapiantata a Roma, che fa parte della squadra giornalistica di Nemo – Nessuno escluso in onda il giovedì su Rai2; in precedenza ha lavorato per Piazza Pulita (La7), Parallelo Italia e Agorà Estate (Rai3).
Quest’anno, così come è avvenuto in altre precedenti edizioni, il premio Maria Grazia Cutuli ha ottenuto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. Un motivo ulteriore di orgoglio per il sindaco di Santa Venerina Salvatore Greco che ha così commentato: “Nel 2004, il comune di Santa Venerina, nell’istituire questo premio ha preso un impegno. Vogliamo continuare ad onorare questo impegno. Il premio ha conosciuto momenti difficili che però abbiamo superato. Le manifestazioni organizzate per ricordare Maria Grazia Cutuli sono tante. Ma il premio internazionale di giornalismo dedicato a Maria Grazia è solo uno ed è quello che organizza il Comune di Santa Venerina con sforzi non indifferenti. Sono molto soddisfatto dell’edizione di quest’anno, della qualità dei premiati e dell’emozione che hanno provato i vincitori nel ricevere questo premio. Un ringraziamento particolare voglio rivolgere al segretario del premio, Francesco Faranda, a al giornalista Antonio Ferrari. Un grazie anche a Sabina Cutuli, sorella di Maria Grazia, per la sua presenza questa sera”. La scelta della data del 25 novembre non è stata casuale. Si è voluto farla coincidere con la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”.
“C’è bisogno di parlare di violenza sulle donne a scuola, nell’università” - ha rimarcato più volte la conduttrice Daiana Paoli, giornalista di Rai News 24. “I dati sono spaventosi: nei primi nove mesi del 2017, in Italia, sono state uccise ottantaquattro donne, cioè una donna ogni tre giorni. E’ un dramma sociale che dobbiamo affrontare tutti insieme”.
La serata è stata un’occasione per ricordare Giordana Di Stefano, una giovane mamma ventenne di Nicolosi barbaramente uccisa dal compagno con quarantotto coltellate. Un posto in sala occupato per lei da una rosa rossa. Presente la mamma di Giordana, Vera Squatrito, intervenuta per rendere la sua testimonianza: “Non abbiate timore a denunciare gli uomini che vi usano violenza. Dove c’è violenza non c’è mai amore. Mia figlia aveva denunciato. Ma ciò non è bastato a salvarla. Occorre che anche le istituzioni facciano la loro parte ed apprestino delle tutele forti nei confronti delle vittime di violenza. La mia è una battaglia che sto portando avanti nel nome di mia figlia”.
Maria Grazia Cutuli, a cui è dedicato il premio, accendeva i riflettori sulle storie degli ultimi. Durante la serata sono stati letti alcuni articoli significativi scritti dalla Cutuli affidati alla voce dell’attrice Elena Ronsisvalle.
Momenti di riflessione sono stati innescati dal dibattito sul tema drammatico della migrazione con una speciale attenzione rivolta alla condizione femminile. Alberto Quattrucci, direttore generale di “Uomini e religioni” della Comunità di Sant’Egidio dopo aver fatto scorrere immagini di sbarcati arrivati morti ha così commentato: “Non possiamo abituarci alle immagini di sbarcati arrivati morti. Non possiamo abituarci al dolore, alla sofferenza. Se si genera l’indifferenza non si genera nessuna novità. Dobbiamo lavorare per creare corridoi umanitari”. Il giornalista Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, ha aggiunto: “Oggi, dopo la caduta del muro di Berlino, vi sono tanti muri veri o ideologici che siano. Sono i muri dell’egoismo. Sono quei muri che stanno nella nostra testa che noi dobbiamo combattere”.
Grande apprezzamento di pubblico, attestato da scoscianti applausi, per il cantastorie Luigi di Pino che, con accanto una grande cartello di 2x2,60 metri da lui dipinto, ha presentato, in prima assoluta, il suo lavoro sulla storia di Maria Grazia Cutuli, scritto e musicato con lo stile tipico del cantastorie siciliano.
All’interno della stessa cerimonia sono stati anche premiati i ragazzi vincitori del concorso riservato alla scuola media di Santa Venerina al termine di un minicorso di giornalismo curato dalle giornaliste Eleonora Cosentino e Valentina Sciacca. Primo classificato: Andrea Maccarrone; seconda classificata: Sara Licciardello; terza classificata: Claudia Patanè. Nel primo pomeriggio di sabato si è svolta una breve commemorazione di Maria Grazia Cutuli nel piccolo cimitero di Dagala del Re (frazione di Santa Venerina), che ospita le spoglie della giornalista assassinata in Afghanistan.
La cerimonia, come di consueto, è stata anticipata da un incontro, svoltosi nella mattinata di sabato, nell’aula magna “Santo Mazzarino” del dipartimento di Sicienze umanistiche dell'Università di Catania. Introdotti dal direttore del Disum Maria Caterina Paino, e coordinati dal giornalista Antonio Ferrari, i vincitori hanno tenuto delle lectio magistralis sul giornalismo.
“Il giornalismo impone la necessità di testimoniare quello che si vede con i propri occhi, di porre attenzione ai dettagli, di incontrare gli altri. Occorre parlare con la gente, non avere paura quando si scrostano le bugie attorno alla verità. Anche se questo costa un prezzo. Ma si salva la coscienza e la nostra dignità di giornalisti”. Queste le parole che Ferrari ha utilizzato per introdurre Carmela Giglio che ha trattato il tema “Il giornalismo e la forza del racconto e della testimonianza”. “Quando fai l’inviata come lo era Maria Grazia Cutuli ti confronti con quello che c’è davanti ai tuoi occhi. Non ci sono fake news. Non ci sono tentativi di ammaestrare la realtà. Invece spesso anche tra di noi giornalisti vedo la tendenza a starcene in una bolla che confonde la realtà e le sue rappresentazioni. I giornalisti come i dinosauri, destinati all’estinzione. Non mi sento tale. Ma avverto la gravità di una mutazione genetica che sta investendo la nostra professione. Il web ci dà l’illusione di essere tutti artefici dell’informazione”.
Una professione, quella del giornalista, non facile che fa i conti con elementi come la crisi, i tagli ai bilanci delle aziende editoriali. “Le strategie di marketing – ha avvertito la Giglio – finiscono per avere la meglio sulle strategie editoriali, come si si dovesse vendere il prodotto ‘informazione’. Il mio messaggio è di tornare all’essenza del giornalismo che richiede di tornare a fare gli inviati, a parlare direttamente con la gente comune, ad ascoltare le loro storie a guardarsi attorno. A raccontare storie di vita vera”. Storie vere come quella di Miriam, una donna cristiana, profuga, incontrata dalla Giglio tre anni fa nel Kurdistan iracheno. “Miriam era vittima due volte: una prima volta perché era profuga e una seconda volta perché era sola e quindi esclusa dai legami tribali. In questi luoghi se si è fuori dalla famiglia si è fuori da tutto. Parlando con lei che mi mostrava la foto della madre accudita fino alla fine, ho raccolto il dolore e l’afflizione di quella gente”. Carmela Giglio parla anche degli incontri avuti al tempo delle scorse elezioni americane con gli afroamericani: “Mi avevano preannunciato che non avrebbero votato per Hilary Clinton perché espressione del partito democratico. La vittoria di Trump per me non fu una sorpresa. L’incontro con quella gente mi aveva fatto capire quale sarebbe stato l’esito del voto anche se gli exit poll sostenevano il contrario”.
Teodoro Andreadis Synghellakis, nato in Italia da genitori fuggiti dalla dittatura greca dei colonnelli, nell’ambito della sua relazione dal titolo “Migranti e crisi economica, sfide d’Europa” ha analizzato la “tremenda crisi economica” attraversata dalla Grecia che “a causa del suo grande debito pubblico ha comportato tagli alla spesa pubblica. Oggi registriamo una leggere discesa del debito e una ripresa del Pil, ma non dimentichiamo che si tratta di una crisi dalle proporzioni immane che ha determinato la conseguenza di far piombare il 35,70% della popolazione in condizioni di povertà. La crisi ha colpito tutti ma si è abbattuta con più forza sulla generazione dei ventenni e trentenni rendendo loro impossibile progettare qualunque futuro. Molti di loro sono andati via”.
Di “Nuove schiavitù, antiche tragedie: il dovere della denuncia” si è occupata la giovane Laura Bonasera che crede in un giornalismo “immersivo” che le ha permesso di non fermarsi alla semplice notizia. “Ho ripreso – ha raccontato Bonasera - i campi in cui gli indiani vengono sfruttati come lavoratori in nero. Per questo motivo sono stata minacciata e aggredita insieme alla mia troupe. Ho trascorso un giorno a filmare la vita degli indiani che ogni giorno vengono sfruttati nei campi dell’agro pontino, e in particolare nella città di Sabaudia. Il servizio non è andato giù ai proprietari dei terreni, che davanti alla realtà prima mi hanno minacciata e poi aggredita, rompendo un pezzo della telecamera del cameraman. Nonostante le minacce, il servizio è stato portato a termine e presentato durante la trasmissione Piazza Pulita in onda su La7. Nel servizio si racconta la vita degli indiani che arrivati in Italia dopo aver pagato tra i 10mila e i 15mila euro per un viaggio, dopo anni di lavoro a nero e sfruttati ancora non hanno i soldi per poter saldare il debito contratto”.
“Utilizzando la tecnica del ‘fingersi qualcuno’ - ha aggiunto Bonasera – ho finto di cercare lavoro e così facendo ho svolto un’inchiesta sui cassaintegrati delle industrie di divani di Matera assunti in nero dai contoterzisti cinesi e fatti lavorare per tredici/quattordici ore al giorno con un misero salario che sommato alla cassaintegrazione assicurava lo stesso reddito ma senza nessuna tutela e garanzia; mi sono anche occupata di maternità surrogata fingendomi una donna che non potendo avere figli ne voleva avere un figlio con l’utero in affitto. Ho scoperto che pur trattandosi di una tecnica vietata in Italia, ci sono tante donne disposte a ricorrervi pur di avere un figlio e che dietro c’è una organizzazione clandestina che lo fa dietro lauti compensi”-