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Inclusione sociale attraverso lo sport

Riprende il progetto "Sport Ability in Disability"

 

19 Ottobre 2021
U.s. Cus Catania

Lo sport per l’inclusione sociale. Un vero credo in casa Cus Catania che in questi anni, con il presidente Luigi Mazzone alla guida, ha dato impulso costante alla mission di Sport ability in disability.

Un progetto, giunto alla sua quarta edizione, voluto nel 2018 dall’attuale presidente (allora commissario) e dalla coordinatrice del SAD Roberta Bottino e che si sviluppa attraverso la costante partnership col Progetto Aita. È rivolto a bambini e ragazzi affetti da un disturbo allo spettro autistico ad alto funzionamento.

I bambini e i ragazzi si allenano e giocano nelle stesse ore di corso dei ragazzi del Centro avviamento allo sport del Cus sempre con il supporto di tutor (istruttori specializzati in disturbi dello sviluppo).

Quest’anno gli sport praticati sono 4: basket (dai 5 ai 9 anni), calcio (dai 5 ai 6 anni), atletica (dai 5 ai 7 anni) e tennis (dai 15 ai 17 anni).

«L’obiettivo è rendere la vita migliore. L’autismo è una condizione che spesso provoca sofferenza – spiega il presidente del Cus Catania Luigi Mazzone – e che va a riflettersi sulla qualità della vita anche di tutta la famiglia. Guardare solo al progresso scientifico spesso può non bastare, servono infatti programmi di supporto ludico e sociale: Sport ability in disability nasce proprio a questo scopo e ha permesso di far partecipare decine di ragazzi autistici alle discipline praticate al CUS. Quella dell’inclusione attraverso lo sport è una mission che abbiamo sempre considerato prioritaria. La mia esperienza di neuropsichiatra infantile mi ha sempre portato a valutare quali potessero essere le modalità per dare supporto vero ai ragazzi affetti da qualche vulnerabilità. La prima risposta è l’integrazione reale con i coetanei attraverso processi inclusivi. Nell’età giovanile è una componente decisiva e lo diventa ancor di più quando non si parte dalle stesse condizioni degli altri».

«Il progetto SAD – spiega Roberta Bottino, psicoterapeuta e coordinatrice del progetto – si rifà a un modello di lavoro che abbiamo già vagliato attraverso l'iniziativa dei Campus estivi, con Progetto Aita appunto, e che prosegue da più di 10 anni. Prevede la costruzione di gruppi misti in cui sono presenti sia i bambini a sviluppo tipico che i bambini autistici. Io e il presidente del CUS pensiamo che l'integrazione sociale attraverso lo sport sia decisiva per demedicalizzare la condizione autistica. Questi progetti sociali diventano fondamentali per migliorare la qualità della vita di questi bambini e ragazzi e delle loro famiglie».