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L'ex studentessa del'Ateneo catanese premiata in Giappone per uno studio sulla caratterizzazione di app che consentono di rilevare dose-rates di radiazioni
“La mia formazione al dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania ha rappresentato il trampolino di lancio di tutte le scelte che ho successivamente intrapreso. L’ampio spettro di corsi teorici e pratici a livello didattico mi ha aiutata molto, me ne rendo conto soprattutto oggi che mi confronto con colleghi di tutta Europa. Dal punto di vista umano, il dipartimento ha fatto da cornice alle mie relazioni più importanti, compresa quella che mi accompagna oggi nella mia avventura tedesca”. Per Alessia Mafodda, laureata magistrale nel 2017 in Fisica e attualmente dottoranda all'Institute of Radiation Medicine dell'Helmholtz Zentrum München, tutto è partito da Catania. Grazie agli anni di studio al Dfa ha vinto un dottorato in Germania dove ha potuto condurre una ricerca che l’ha portata ad aggiudicarsi il prestigioso “Young Scientist Award”, assegnatole in occasione della “Solid State Dosimetry Conference 2019” (SSD19) in Hiroshima (Giappone).
“Si tratta – spiega la giovane ex studentessa dell’Università di Catania - di un importante evento che si tiene ogni tre anni dal 1965 (la prima edizione fu a Stanford, negli Stati Uniti) in cui si riuniscono i massimi esperti del settore della dosimetria a stato solido. Oggetto della conferenza sono le nuove tecniche, rivelatori, materiali che consentono lo studio dell’interazione delle radiazioni con la materia. Le applicazioni sono ad ampio spettro: dalla fisica medica (diagnostica e terapia), alla datazione dei reperti archeologici, al monitoraggio ambientale del Radon, alle tecnologie per il monitoraggio individuale degli astronauti e delle categorie di lavoratori a contatto con radiazioni ionizzanti e non”.
“Il premio – continua - è stato rilasciato a me e ad altri cinque studenti, autori di poster o presentazioni orali di 12 minuti, come nel mio caso. Il mio talk verteva sulla caratterizzazione di alcune app disponibili sul mercato che consentono di rilevare dose-rates sfruttando il sensore CMOS della fotocamera dello smartphone. Il principio tecnologico è molto semplice (si copre la fotocamera con del nastro adesivo nero per renderla sensibile alle radiazioni ionizzanti e non alla luce, il software conta quanti pixel sono colpiti durante la misura, i conteggi sono trasformati in un certo valore di radiazione) costano pochi euro, ma l’affidabilità di tali misure era tutta da verificare”.
Nata a Catania nel 1989, Alessia ha vissuto con la famiglia a Ficarazzi fino al marzo 2018 quando si è trasferita a Monaco di Baviera. Dopo il diploma al Liceo “Ettore Majorana” di San Giovanni La Punta nel 2007 (con votazione 100/100), ha conseguito la laurea triennale in Fisica (105/110) e la laurea magistrale in Fisica applicata all’Ambiente con 110 e lode. “Nonostante i buoni risultati devo ammettere di non essere stata un fulmine a completare gli studi – sottolinea la giovane scienziata -, ho dato spazio ad esperienze lavorative più o meno correlate con la mia carriera: lezioni private, divulgazione scientifica, persino un apprendistato in un ristorante. Non mi è mai piaciuto rimanere con le mani in mano. E poi, come costante, il richiamo per l’estero. Non appena ho avuto la possibilità ho partecipato ad un bando Erasmus+ per l’attività di tesi magistrale. Ho trascorso quattro mesi a Utrecht in un centro di ricerca olandese: il bello del mondo scientifico è la fluidità con cui prescinde da confini e barriere. Da quel momento in poi ho deciso di voler guardare oltre e che se mai avessi scelto una carriera accademica lo avrei fatto fuori dalla mia comfort zone”.
Poi la grande opportunità del dottorato in Germania: “La mia attività di ricerca – ha spiegato - fa parte di un grosso progetto europeo che coinvolge 31 partner da 17 diversi Paesi, chiamato CONFIDENCE (“COping with uNcertainties For Improved modelling and DEcision making in Nuclear emergenCiEs“). Dopo i fatti di Fukushima, e più in generale, data la crescente attenzione al problema terrorismo, si è sentita l’esigenza di dedicare sforzi scientifici alle emergenze nucleari. In situazioni critiche, infatti, è necessario valutare l’entità del danno alla popolazione nel minor tempo possibile, cercando di ridurre le incertezze (errori) nella stima della dose assorbita. L’argomento della mia tesi rientra nella dosimetria retrospettiva, cioè la dosimetria effettuata su materiali che sono stati esposti ad una dose non nota (come nel caso realistico di un incidente). In particolare, mi occupo di materiali che si comportano da dosimetri fortuiti, cioè materiali di uso comune che hanno delle proprietà fisiche tali da essere analizzati con opportune tecniche, come la termoluminescenza. Tra i materiali che sto esplorando ci sono i componenti elettronici dei telefonini (resistori e induttori), chip card presenti nelle carte di credito, memory card sempre presenti negli smartphone. In caso di incidente radiologico, il telefonino rappresenta una fonte preziosa di informazioni”.
Cosa consiglia Alessia ai giovani appassionati di materie scientifiche? “Sono stata spesso a contatto con studenti – risponde -, impartendo lezioni private e partecipando ad attività di divulgazione scientifica. Fisica e Matematica si trascinano dietro un pesante fardello dalla scuola, non è facile che un ragazzo si innamori di una di queste discipline. Ma se succede, a chi succede, consiglierei di buttarsi a capofitto: scienza e tecnologia sono settori di successo, specialmente al giorno d’oggi. Suggerirei di non tralasciare l’aspetto informatico, che può sempre rivelarsi utile, e soprattutto di mantenere una mente aperta e curiosa. Chissà, potrebbe capitarti di cogliere un’occasione in un’altra città del mondo, di trascorrere tre settimane in Giappone e addirittura riuscire a vincere un premio”.
E invece lei come si vede nel futuro? “Sono ad un punto della mia vita di grande soddisfazione, sto viaggiando tanto, cogliendo ogni esperienza possibile. Sulla questione “futuro” pero ogni tanto mi trovo spiazzata: sono una donna di trent’anni e la carriera accademica non rappresenta la scelta più semplice per chi vuol mettere su famiglia. La ricerca mi appassiona, ma non mi dispiacerebbe valutare anche altre possibilità professionali (in un’azienda, ad esempio). La vera domanda è: Italia o non Italia? Rimando la risposta a tra un paio d’anni”.