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L’Unione Europea tra guerra e pace

Il tema è stato al centro dell’incontro che si è tenuto al Liceo scientifico “Galilei” di Modica promosso dalla Scuola di Formazione Politica e Culturale "Virgilio Failla" in collaborazione con la Struttura Didattica Speciale di Ragusa

16 Dicembre 2022
Alfio Russo

Lo storico rapporto tra Università, Stato e Cultura “rispolverato” alla luce del conflitto russo-ucraino nel cuore dell’Europa è stato al centro nei giorni scorsi, nell’aula magna del Liceo scientifico “Galilei” di Modica dell’incontro dal titolo “L’Unione Europea tra guerra e pace” promosso dalla locale Scuola di Formazione politica e culturale “Virgilio Failla” in collaborazione con la Struttura Didattica Speciale di Ragusa dell’ateneo catanese.

Ad aprire i lavori il dirigente scolastico Sergio Carruba insieme con il presidente del Consorzio Universitario Ibleo, Pinuccio Lavima.

A seguire - moderati dal prof. Giovanni Di Rosa, presidente della Scuola “Virgilio Failla” – sono intervenuti i docenti dell’Università di Catania Stefano Rapisarda (ordinario di Filologia romanza e presidente della Sds di Ragusa) e Giancarlo Poidomani (associato di Storia contemporanea al Dipartimento di Scienze politiche e sociali).

Il prof. Rapisarda, nel suo intervento, sul tema “Filologi, linguisti e scienziati dalla guerra franco-prussiana (1870) al conflitto russo-ucraino”, ha ricordato in apertura l’impegno dell’ateneo catanese in favore dell’Ucraina e tutte le iniziative intraprese, in particolar modo le azioni a sostegno degli studenti e della comunità scientifica di nazione.

«Nell’Europa del XIX-XX secolo la costruzione delle identità nazionali era un processo in atto in quasi tutte le nazioni – ha spiegato il prof. Stefano Rapisarda -. La competizione era condizione normale nelle relazioni tra Stati, così come nei giorni nostri, ma, diversamente da oggi, la guerra era una possibilità concreta e costante. La stragrande maggioranza della conoscenza prodotta in quei secoli, di cui ancora oggi facciamo largo uso in molti ambiti ‘umanistici’ e ‘scientifici’, è stata prodotta da nazioni impegnate nella costruzione delle identità nazionali e in processi competitivi. Resta da capire in che modo la costruzione delle identità nazionali e la competizione, anche militare, tra nazioni abbia influito sulla produzione di conoscenza».

E su questo punto il docente ha ricordato che «il 4 ottobre del 1914, a due mesi esatti dall’inizio della Prima guerra mondiale, sul quotidiano “Berliner Tageblatt” venne divulgato l’Aufruf an die Kulturwelt!, il manifesto firmato da 93 uomini di scienza tedeschi che segnò una svolta epocale nel rapporto tra università, Stato e cultura nel senso più ampio in quanto le firme includevano il Gotha della cultura mondiale nei più svariati ambiti disciplinari».

Basti pensare che figuravano scienziati di diversi campi: in medicina Emil Adolf von Behring (Nobel 1901) e Paul Ehrlich (Nobel 1908); in fisica Wilhelm Röntgen (Nobel 1901) e Max Planck (futuro Nobel nel 1918); in chimica Emil Fischer (Nobel 1902) e Adolf von Baeyer (Nobel 1905); in storia delle religioni Adolf von Harnack; in filologia classica Ulrich von Wilamowitz-Möllendorff; in letteratura Gerhart Hauptmann (Nobel 1912).

«I 93 grandi nomi della cultura accademica tedesca respingevano le accuse di atrocità sulle popolazioni civili compiute dall’esercito nell’invasione del Belgio e vigorosamente ribadivano “al mondo della cultura” l’indissolubile unità di intenti che univa i diversi corpi dello Stato tedesco: la classe accademica, il ceto militare, il popolo e la dinastia imperiale – ha spiegato il prof. Stefano Rapisarda -. Dopo 12 giorni un altro appello, l'Erklärung der Hochschullehrer des Deutschen Reiches, che recava i nomi di oltre 4mila firmatari, sostanzialmente tutto il corpo accademico delle università tedesche».

«Il manifesto firmato da 93 uomini di scienza tedeschi fu una 'discesa in campo' senza precedenti che segnò una svolta epocale nel rapporto tra Università, Stato e Cultura nel senso più ampio e destò reazioni e controreazioni, dalle riflessioni sul diritto dell'intellettuale all'impegno politico, al cosiddetto ‘tradimento dei chierici’, accusati di aver sacrificato la ‘ricerca della verità’ ai fini particolari e contingenti di natura politica – ha aggiunto -. Non a caso qualcuno ha parlato della 1° guerra mondiale come “la guerra dei professori” e questa definizione può essere largamente applicata a tutti i conflitti europei dalla guerra Franco Prussiana del 1870 alla fine della Guerra Fredda, e anche al conflitto».

«Gli accademici hanno svolto ruoli, spesso deleteri, nella costruzione delle identità nazionali, nell’elaborazione, talvolta nell’invenzione, della memoria collettiva, e nell’elaborazione della presunta ‘diversità antropologica’ dei combattenti - ha proseguito il prof. Rapisarda -. Tuttavia, se è vero che l’ambito universitario e accademico è uno nei quali maggiormente si esercita la competizione nazionale, è anche vero che è l’ambito in cui comincia a svilupparsi l’idea di una collaborazione tra individui di Nazioni diverse per conseguire fini superiori. Le reti accademiche, in questa chiave, costituiscono una delle prime strutturazioni di reti sovranazionali modernamente intese. Il 3 marzo scorso l’appello della Conferenza dei Rettori delle Università di Russia in favore della nazione russa che ha sinistramente portato alla memoria il Manifesto tedesco del 1914».

Un momento dell'incontro: da sinistra Giancarlo Poidomani, Sergio Carruba, Giovanni Di Rosa e Stefano Rapisarda

Un momento dell'incontro: da sinistra Giancarlo Poidomani, Sergio Carruba, Giovanni Di Rosa e Stefano Rapisarda

A seguire il docente Giancarlo Poidomani ha ricostruito le origini storiche dell’attuale contesto geopolitico europeo, soffermandosi in particolar modo su ciò che è avvenuto dalla fine del secondo conflitto ad oggi nello scenario dell’est Europa.

Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica al ruolo della Nato dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia fino al prevalere di una politica occidentale egemonica verso i Paesi dell’est europeo, il prof. Poidomani ha delineato un quadro dettagliato «dei rapporti di forza in Europa», insistendo sulla «complessità delle cause che hanno portato alla guerra», stigmatizzando «le semplificazioni di una narrazione giornalistica spesso superficiale» e invitando gli studenti «a esercitare il proprio spirito critico».

«Solo con la consapevolezza della complessità dei processi storico si potranno davvero porre le basi della fine di una guerra terribile e devastante, combattuta con metodi barbari soprattutto contro le popolazioni civili da parte dei russi» ha aggiunto.

L’attuale guerra russo-ucraina è stata anche analizzata in riferimento alla secolare storia di espansione e di consolidamento dell’impero russo. «Un impero, come è stato scritto da qualcuno, che esiste “al di là delle sue possibilità” e la cui popolazione è stata sempre costretta a sopportare disagi economici e materiali pur di esercitare influenza e timori sui rivali e avversari – ha detto in chiusura il prof. Poidomani -. Esattamente come sta avvenendo anche oggi con una guerra di aggressione che ha avuto come conseguenza per la popolazione russa sanzioni sempre più dure da parte dei paesi dell’Unione Europea».