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Presentata, nell'aula magna del Palazzo centrale, la carta a scala 1:250.000 curata dai docenti Fabio Lentini e Serafina Carbone
“La Carta geologica rappresenta il coronamento di un’attività di ricerca avviata nel 2000, condotta principalmente sul campo e conclusa nel 2014 grazie alla sinergia e ai finanziamenti dell’Università di Catania, Ispra e Ingv-Catania”. Con queste parole la prof.ssa Serafina Carbone del dipartimento Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Ateneo di Catania ha aperto stamattina, nell’aula magna del Palazzo centrale, la cerimonia di presentazione della Carta geologica della Sicilia a scala 1:250.000 e delle Memorie Descrittive della Carta Geologica d’Italia, volume XCV: “Geologia della Sicilia”.
Presentata nel 2004 in occasione del “32° International Geological Congress” di Firenze, la stesura finale risale al 2014 con la presentazione al “Congresso Nazionale SGI-SIMP” di Milano. “Un lavoro importante condotto dai nostri ricercatori che consente di alimentare il sapere e le conoscenze del territorio siciliano utile per le future generazioni e soprattutto per chi opera nel campi della protezione e tutela della nostra terra – ha spiegato il rettore Giacomo Pignataro –, la carta rappresenta un patrimonio da divulgare alla comunità scientifica, agli studenti e a tutti coloro interessati a questo campo della ricerca e a chi deve prendere decisioni in questo settore”.
La nuova Carta geologica della Sicilia a scala 1:250.000, curata da Fabio Lentini e Serafina Carbone, è pubblicata a 128 anni dalla prima e unica edizione ufficiale a scala regionale (Baldacci, 1886) proprio con il primo volume delle Memorie Descrittive della Carta Geologica d’Italia. “La nuova carta mostra notevoli differenze rispetto alla precedente sia per la concezione con cui è nata, da autoctonistica a faldistica, sia per la metodologia con cui è stata elaborata”, ha aggiunto la prof.ssa Carbone evidenziando “le notevoli modifiche dei corpi litologici che costituiscono le catene montuose subite del territorio siciliano emerse dagli studi effettuati”. Sulla stessa linea il prof. Lentini, il quale ha evidenziato “i notevoli cambiamenti del nostro territorio dall’800 ad oggi e l’importanza del lavoro di ricerca multidisciplinare frutto anche delle nuove tecnologie a disposizione come le foto aree, i droni e nuovi software”.
“Un lavoro che comunque non si ferma qui – hanno spiegato il direttore dell’Ingv Catania Eugenio Privitera e l’ex presidente dell’Ingv Stefano Gresta – grazie ai nostri ricercatori e all’Università di Catania continueremo a sviluppare la carta e soprattutto nelle attività di monitoraggio e di ricerca del sistema siculo-calabrese grazie ai 440 sensori sparsi sui territori e all’attività di sorveglianza h24 utile sia per migliorare la comprensione dei fenomeni vulcanici e sismici, sia per le azioni di Protezione civile. La sinergia tra gli enti è di fondamentale importanza per far crescere Catania come polo scientifico e di ricerca”. Soddisfazione è stata espressa dal dirigente generale del dipartimento di Protezione civile della Regione Siciliana Calogero Foti che ha evidenziato come “proprio la Protezione civile sarà il principale fruitore di quest’attività di ricerca incentrata sui processi geomorfologici e geodinamici fondamentali per il nostro lavoro”.
La scala 1:250.000 della Carta geologica, infatti, consente di rappresentare i dati su un unico foglio e allo stesso tempo di riprodurre un dettaglio relativamente soddisfacente per un documento di insieme, base indispensabile per la valutazione dei rischi ambientali e in particolare dei rischi geologici del territorio regionale per affrontare problematiche a scala di bacino idrografico o di zona di allerta o più in generale per la gestione del territorio. La Carta, oltre che favorire analisi di insieme per la valutazione di risorse nel campo minerario ed energetico (ricerche petrolifere e geotermiche) e nell’inquinamento ambientale, può rappresentare una base geologica di massima per i professionisti, per le amministrazioni locali e per studi specifici.
“E’ una fotografia dello stato attuale del sistema vulcanico siciliano, un lavoro di sintesi, da cui si evince la presenza di due vulcani con attività persistente come l’Etna e Stromboli e vulcani quiescenti come Lipari e Vulcano, Pantelleria e l’Isola Ferdinandea nel Canale di Sicilia la cui ultima eruzione risale al lontano 1831” ha aggiunto Stefano Branca, I ricercatore Ingv-Osservatorio etneo di Catania, intervenuto, tra gli altri, con il direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali Carmelo Monaco, il dirigente-responsabile del Servizio Cagr, geologia e geomorfologia del Dipartimento Difesa del suolo dell’Ispra Fabrizio Galluzzo, il presidente dell’Ordine regionale dei Geologi di Sicilia Giuseppe Collura, il dirigente Ufficio regionale Idrocarburi e geotermia Benedetto Lo Presti e il responsabile unità operativa Geologia e geomorfologia della Regione siciliana Ambrogio Alfieri.