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È quanto emerge da uno studio condotto da diversi atenei e centri di ricerca e pubblicato sulla rivista Scientific Reports
I Medicane, cicloni tropicali che avvengono nel Mar Mediterraneo, sono in grado di generare violenti moti ondosi capaci di generare un segnale sismico registrato dalle comuni stazioni sismiche, da cui è possibile estrarre utilissime informazioni per lo studio e per il monitoraggio di questi fenomeni meteo-marini estremi.
È quanto emerge dai risultati dello studio dal titolo ‘Monitoring extreme meteo-marine events in the Mediterranean area using the microseism (Medicane Apollo case study)’ condotto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania, dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, del Department of Geoscience dell’Università di Malta, del Royal Observatory of Belgium, del Centro nazionale per la caratterizzazione ambientale e la protezione della fascia costiera, la climatologia marina e l’oceanografia operativa dell’Ispra e dell’azienda AC2 srl e pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports.
Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre 2021, la Sicilia orientale, in particolar modo le province di Catania, Messina e Siracusa, è stata colpita da forti piogge, raffiche di vento e mareggiate dovute alla presenza di un Medicane nel Mar Ionio, chiamato “Apollo”. Dopo il passaggio del Medicane, la Regione ha dichiarato lo stato di emergenza per 32 comuni della Sicilia orientale a causa dei danni causati da Apollo con stanziamenti di 2 milioni di euro per l’emergenza e 50 milioni di euro a sostegno dell’agricoltura, delle infrastrutture e delle attività produttive.
Un Medicane (MEDIterranean hurriCANE) è un sistema di bassa pressione definibile come un ciclone tropicale a piccola scala con forti piogge, venti e mareggiate, ma con una durata limitata a pochi giorni per la ridotta estensione del Mar Mediterraneo. I forti venti generati dal medicane causano un’intensificazione del moto ondoso con onde che possono raggiungere e superare i 3,5 metri di altezza. Le onde del mare, tramite l’impatto sulla costa o con le fluttuazioni di pressione che si propagano dalla superficie del mare al fondale marino, trasferiscono energia alla Terra solida che viene registrata dalle comuni stazioni sismiche come microseism, un segnale sismico caratterizzato da ampiezze estremamente basse e per questo, fino a qualche anno fa, veniva classificato come “rumore di fondo” e quindi da scartare.
lmmagine satellitare del Medicane Apollo del 29/10/2021 (©NASA Worldview) e serie temporale di ampiezza del microseism registrata alla stazione EPOZ
“In questo lavoro sono stati analizzati e integrati i segnali sismici registrati da 78 stazioni installate in zone costiere italiane, maltesi e greche, i dati di altezza significativa delle onde del mare acquisiti da boe ondametriche italiane, maltesi e greche e anche i dati sullo stato del mare da mappe di test dei modelli numerici – spiega il prof. Andrea Cannata dell’Università di Catania -. È stato considerato il periodo dal 20 ottobre al 5 novembre 2021 che include l’iniziale formazione di Apollo, il suo climax (28-29 ottobre) in termini di velocità dei venti, intensità della pioggia e altezza delle onde e la successiva perdita di intensità. Durante i giorni di progressiva intensificazione di Apollo, le stazioni sismiche installate in area ionica hanno mostrato un graduale aumento nel contenuto energetico del microseism in una particolare banda di frequenza (0.1-0.2 Hz). È stata così identificata e ricostruita la firma sismica del Medicane”. “Utilizzando due diversi metodi di localizzazione basati sui segnali sismici è stato possibile seguire lo spostamento del Medicane Apollo durante i giorni in cui ha raggiunto le sue massime intensità – aggiunge il docente -. La posizione ricavata dalle nostre analisi sismiche è coincisa con la reale posizione di Apollo ricavata da immagini satellitari”.
Il lavoro condotto dagli studiosi - finanziato dal progetto di ricerca Interreg Italia-Malta “i-waveNET”, di cui è capofila l’Università di Palermo, e dal progetto Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020 “Dottorati su tematiche green” – propone un approccio innovativo per lo studio e il monitoraggio degli eventi meteo-marini estremi mediterranei tramite l’uso del microseism.
Gli autori dello studio - appartenenti all’Università di Catania (Alfio Marco Borzì, Andrea Cannata e Vittorio Minio), all’Ingv-Osservatorio Etneo (Flavio Cannavò), all’azienda Ac2 srl (Angelo Cavallaro), all’Università di Malta (Sebastiano D’Amico e Adam Gauci), al Royal Observatory of Belgium (Raphael De Plaen e Thomas Lecocq) e all’Ispra (Gabriele Nardone, Arianna Orasi e Marco Picone) - hanno mostrato come l’utilizzo del microseism, considerato fino a qualche anno fa come “rumore di fondo”, può fornire utili informazioni nel monitoraggio dello stato del mare e nello studio e monitoraggio di fenomeni meteo-marini estremi come i Medicane.
“Questa ricerca apre la strada allo sviluppo di un sistema di monitoraggio dello stato del mare che integri i dati acquisiti da diversi strumenti quali boe ondametriche, satelliti geostazionari, radar HF e sismometri – spiegano gli studiosi -. Poiché i sismometri sono stati tra i primi strumenti geofisici ad essere installati, l’utilizzo del microseism potrebbe essere d’aiuto anche nell’analisi di eventi meteo-marini estremi avvenuti nel passato in modo da valutare l’evoluzione del tempo delle intensità di questi fenomeni nell’ottica della ricostruzione dei cambiamenti climatici nel lungo termine”.
Immagine satellitare dell'area mediterranea con una selezione delle stazioni sismiche a banda larga disponibili nei database ORFEUS e INGV e utilizzate nell'analisi spettrale e nel metodo grid search. Le quattro boe wavemeter utilizzate in questo studio sono mostrate con i punti verdi, mentre nel riquadro (b) una selezione delle stazioni sismiche a banda larga disponibili nell'area etnea a cura di INGV-OE (fonte dell'immagine di base © Earthstar Geographic)