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Concluso a Palazzo Grimaldi il convegno nazionale dell'Associazione italiana di Storia orale (Aiso), organizzato in collaborazione con il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Catania
Si è concluso sabato scorso a Palazzo Grimaldi il convegno nazionalesui "Nuovi percorsi per la storia orale e le fonti orali: la ricerca inSicilia", organizzato dall'Associazione italiana di Storia orale (Aiso)con il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Catania ela Fondazione Giovan Pietro Grimaldi, che ha riunito prima a Catania e poi aModica storici e scienziati sociali provenienti da tutta l'Italia.
La sessione mattutina di studi, coordinata da GabriellaGribaudi (Aiso e Università "Federico II" di Napoli), ha focalizzatol'attenzione sul tema dei terremoti come elementi di discontinuità sociali efratture spazio-temporali che, imprimendosi con forza nella memoria individualee collettiva, costituiscono un terreno d'elezione per l'indagine dellastoria orale. Nella relazione dal titolo "Tra memorie vive e narrazioni: ilBelìce" Giuseppe Maiorana, direttore di EpiCentro della Memoria Viva diGibellina, ha presentato la storia e le attività del centro studi, che sioccupa di raccogliere le memorie e ricostruire l'identità della popolazione delBelice, sopravvissuta al terremoto del 1968. Attraverso laboratori, mappe dicomunità, biblioteca, archivi orali di video-interviste, installazioniemozionali e mostre fotografiche, il centro studi custodisce e valorizza lamemoria di un territorio che prima del terremoto il sociologo Danilo Dolciaveva trasformato in un vero e proprio laboratorio di partecipazione e lottacivile.
Marcella Burderi (Aiso, Fondazione Grimaldi, Università diCatania) nella relazione su "La memoria del Grande terremoto del 1693 nelrepertorio folclorico" ha analizzato un antico "cuntu" (racconto orale indialetto) sul sisma nel Val di Noto, raccolto dalla viva voce di alcunianziani. Il "cuntu" rappresenta una narrazione popolare più unica che rara, tramandatasiper oltre tre secoli di generazione in generazione e giunta fino ai nostrigiorni, che testimonia tutto lo sgomento e lo slancio sincero di devozionemariana e religiosa che la catastrofe suscitò nella gente semplice.
Sara Zizzari (Università "Federico II" di Napoli) haanalizzato, invece, "La frattura spazio-temporale nel post-sisma aquilano(2009)". Attraverso le interviste agli aquilani rientrati nelle loro caseo assegnatari dei nuovi alloggi, la studiosa ha fatto emergere una memoria in formazione,causata dalla disintegrazione del tessuto sociale, dalla scomparsa dei punti diriferimento e degli elementi identitari, dallo stravolgimento della geografiaurbana, della socialità e delle pratiche quotidiane, pervenendo allaconclusione che un luogo non è mai soltanto uno spazio fisico, ma è unastruttura di sentimento, una dimensione dell'interazione sociale.
Anche Gabriele Ivo Moscaritolo (Università "Federico II" diNapoli) si è misurato con il tema del terremoto in Campania e Basilicata del 1980tra rappresentazione e memoria. Lo studioso, in particolare, ha messo inevidenza il ruolo di turning point rappresentato dal sisma nelle memorieplurime degli intervistati, tra mitizzazioni del passato, aspettative edesperienze successive.
La sessione pomeridiana, coordinata da Roberta Garruccio(AISO e Università degli studi di Milano) si è concentrata su "Letrasformazioni del territorio: politica, imprenditorialità,deindustrializzazione". Fabio Canfora e Maria Laura Longo (Università"L'Orientale" di Napoli) hanno parlato di "Paesaggi metropolitani incambiamento. Il quartiere Mercato - Pendino di Napoli tra storia e memoria". Idue giovani studiosi, attraverso interviste ai commercianti dello storicoquartiere, hanno ricostruito le memorie e le rappresentazioni di un luogo oggisvuotato dalla concorrenza dei centri commerciali.
Fabio Salerno (Università di Catania) nella relazione daltitolo "Auto-rappresentazione di Priolo. Quale futuro?", ha propostoalcune video-interviste che colgono il paradosso di una industrializzazioneimposta dall'alto, che non ha generato uno sviluppo endogeno e che, a distanzadi vari decenni, è entrata in crisi lasciando sul territorio disastriambientali e la necessità di un vasto piano di disinquinamento. Se il modellodi sviluppo economico di Augusta-Priolo si è basato sulla grande industria,quello ragusano ha visto il protagonismo della piccola e media impresa che, apartire dagli anni Novanta, ha conosciuto un forte slancio grazie allaprogrammazione negoziata. La vicenda è stata ricostruita da Giuseppe Barone(presidente della Fondazione Grimaldi e direttore del Dipartimento di Scienzepolitiche e sociali dell'ateneo catanese) in una relazione dal titolo"La seconda rivoluzione industriale nell'area Iblea". Sulla base di decinedi interviste agli imprenditori, Barone ha tracciato le linee di sviluppo diun'industrializzazione dal basso, nata spontaneamente dopo lo smantellamentodegli impianti petroliferi avviato dall'Eni. Un'industrializzazione,quella iblea, che ha riguardato sopratutto i settori dell'alluminio,dell'agro-industria e dell'industria dolciaria e che ha garantito alla piccolaprovincia siciliana una serie di importanti primati economici a livelloregionale e nazionale.
Chiara Ottaviano (Cliomedia Officina) nella sua relazionesulla "Esperienza dell'Archivio degli Iblei", ha tracciato un primobilancio dei risultati raggiunti e delle potenzialità del portale internetArchivio degli Iblei, vero e proprio giacimento di memorie, testimonianze video-registrate,gallerie fotografiche, testi e studi che propongono una riflessione intorno aitemi della storia sociale, della tradizione orale e della cultura popolare.Infine, Giancarlo Poidomani (Università di Catania) ha affrontato il tema della"Formazione della nuova classe politica in provincia di Ragusa negli anni1945-1960", rileggendo alla luce delle testimonianze orali gli eventi e iprotagonisti della costruzione del nuovo stato repubblicano.