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I giovani di Libera aiutano i Briganti di Librino dopo l’incendio che li ha colpiti nel gennaio scorso
"Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" nella proposta di un Campo tematico, ovvero "E!State Liberi!", dedicato allo sport, offre ai giovani un’occasione di formazione ed esperienza, utile a vivere e sperimentare le finalità sociali e civili della pratica sportiva. L’intento è mettere in relazione gli iscritti al Campo con la vita di tutti i giorni e invitarli a riflettere se le regole che ci sono nella vita quotidiana, valgono anche nello sport e se le regole dello sport possono aiutare nelle cose extra sportive.
È quanto stanno facendo 14 giovani provenienti da tutta Italia, alloggiati alla Cooperativa Beppe Montana, a Belpasso. Sono coinvolti in attività di formazione presso il Campo San Teodoro Liberato, ma anche di sostegno all’attività che i Briganti fanno a Librino, dove grazie al rugby e alle attività ricreative e di doposcuola, tanti ragazzini vengono tolti dalla strada e dal rischio criminalità. È il luogo più adatto per parlare di sport e legalità e soprattutto di come lo sport è uno strumento che aiuta a dare alternative e speranza.
Il 31 luglio i giovani di E!State Liberi! – insieme con Dario Montana (figura storica di Libera Catania) e Lucilla Andreucci (referente Libera Milano e campionessa nazionale e non di Maratona) – hanno incontrato Carlo Colloca – docente di Sociologia del territorio nel dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania. Il prof. Colloca – a partire dalla sua esperienza di ricerca, ma anche di consulenza per la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti nella XVIII Legislatura – dopo essersi soffermato sul ruolo che lo sport può avere per promuovere interazione e dialogo fra culture differenti, si è concentrato sul ‘volto buio’ dello sport, ovvero quando attira affari criminali e mafiosi, mettendo a rischio la vita delle persone, anche cittadini stranieri immigrati. È il caso di tutti quei minori stranieri vittime di tratta attraverso il “Football Trafficking”, una pratica che si sta diffondendo nell’ultimo decennio, malgrado i tentativi della Fifa di arginare il fenomeno.
È la storia di falsi agenti Fifa “che – spiega Colloca – arruolano giovani calciatori con la promessa di un futuro migliore in Europa. Questi trafficanti di esseri umani seguono uno schema ben preciso spostandosi fra Nigeria, Ghana e Senegal, persuadono le famiglie a farsi affidare i ragazzi per poi, una volta entrati in Europa, abbandonarli in una stanza di albergo al proprio destino e raramente inserirli nel giro del calcio professionistico e non, ma con una serie di pratiche di sfruttamento”. La maggior parte dei ragazzi coinvolti in questo traffico proviene da famiglie poverissime, che per assicurargli un futuro migliore pagano questi falsi procuratori, vendendo ogni singola bene o proprietà; il tutto nella speranza che un giorno il proprio figlio, entrando nel mondo del calcio che conta, possa ripagare l’investimento iniziale.
Nel luglio 2017 le società di Prato e Sestese entrano nel mirino della Polizia di Stato con l’accusa di aver favorito l’ingresso di minorenni africani in Italia illegalmente con la falsificazione dei documenti in cui si attestavano false parentele, maternità biologica e filiazione naturale, presso l’Ambasciata Italiana di Abidjan (Costa D’Avorio) e l’Ufficio Immigrazione della Questura di Prato. Il caso si è allargato coinvolgendo anche le società di Inter, Fiorentina e Cittadella, per far luce sul trasferimento di due giocatori africani provenienti dal Prato e dalla Sestese.
Altra storia, è quella che coinvolge diverse centinaia di giovani atleti nati in Italia o arrivatici giovanissimi che con la L. 12 del 20/1/2016 vedono riconosciuto uno ius soli sportivo, ovvero tutti i minori che risiedono regolarmente sul territorio almeno dal compimento del decimo anno di età possono iscriversi alle federazioni con le stesse procedure previste per i cittadini italiani, ma non possono essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali è necessario avere la cittadinanza. Anche attraverso lo sport – conclude Colloca – “l’Italia consegna ad un 1.038.046, tanti sono i minori stranieri regolarmente residenti nel nostro Paese al gennaio 2017, il suo messaggio di società riluttante ad avviare processi reali di inclusione anche per quanti attraverso lo sport vorrebbero dimostrare il loro legame con questa terra, difendendone i colori della nazionale”.