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Start up e Spin off, dall’Università che 'fa impresa' opportunità anche per gli umanisti

A Villa San Saverio un workshop sulle chance imprenditoriali aperte anche agli archeologi

2 Novembre 2022
Mariano Campo

Pensare uno scavo archeologico come un’attività d’impresa, con tanto di business plan. Pensare un’idea nata in un’aula di lezione o in un laboratorio come una start-up, l’embrione di un’azienda che potrebbe affermarsi sul mercato o anche solo commercializzare prodotti che migliorano il mondo e la società. Pensare, quindi, al luogo deputato a produrre innovazione, l’Università, come a un potenziale grande incubatore di attività imprenditoriali.

L’academic entrepreneurship, che in contesti come gli Usa o il Regno unito esiste da diversi decenni, nel nostro Paese comincia ad affermarsi, grazie all’attività di docenti o a settori di attività universitaria specificamente dedicati, e a conquistarsi momenti di visibilità grazie a manifestazioni come le Start Cup provinciali e regionali, o come il Pni, il premio nazionale per l’innovazione. Ma è un’iniziativa che si corrobora anche con eventi di dissemination rivolti agli studenti e ai neolaureati, ai quali viene spiegato ad esempio che l’Università di Catania negli ultimi anni ha favorito la nascita di 20 imprese innovative, sostenendo con varie modalità i propri spin-off, e che può contare ad oggi su una ‘massa critica’ di oltre 140 team imprenditoriali che ‘spostano gli equilibri’ persino in un ecosistema come quello catanese, tra i più attivi in Italia.

Il più recente di questi eventi si è svolto giovedì 27 ottobre nell’aula magna della Scuola Superiore dell’Università di Catania, a Villa San Saverio, ed era esplicitamente rivolto, oltre che agli allievi della Scuola di eccellenza dell’Ateneo, agli iscritti del corso di laurea in Direzione aziendale del dipartimento di Economia e Impresa e agli ‘specializzandi’ della Scuola in Beni archeologici di Siracusa. «Non è un convegno tradizionale – ha premesso il prof. Rosario Faraci, delegato del rettore all’imprenditorialità accademica e docente di Business Model Innovation al Dei -, è invece un’occasione per la contaminazione di mondi giovanili di diversa estrazione culturale e, al tempo stesso, una palestra di addestramento alla EntreComp, la competenza imprenditoriale che l’Unione europea considera come una delle soft skills per l’apprendimento permanente nelle scuole, nelle università e nelle organizzazioni. ‘Università che fa impresa’ è anche una opportunità per far conoscere e divulgare le attività di Terza missione dell’Ateneo nel trasferimento tecnologico».

Hanno ‘benedetto’ gli obiettivi dell’incontro anche la prorettrice Francesca Longo, ricordando che «uno dei compiti dell’università è proprio quello di fornire ai propri studenti quegli strumenti che permettono di andare oltre la formazione, di avviare una professione, di realizzare un progetto di vita»; e il presidente della Ssc e direttore della Scuola di Beni archeologici Daniele Malfitana, che ha evidenziato le nuove valenze della professione di archeologo, «improntate oltre che allo studio e alla ricerca, anche al management». Esperti ma anche concreti ‘testimonial’ di università che fa impresa, l’archeologa Carolina Megale (Fondazione Aglaia) e l’economista Stefano Monti (Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd), autori del “Manuale di management per l’archeologia”, hanno sottolineato la possibilità di applicare criteri e metodologie economiche anche alla ricerca di stampo umanistico e alle attività culturali in genere. «Può sempre essere valutata – ha spiegato Monti – la sostenibilità economica di un progetto culturale, se esso sia cioè in grado di generare valore attuale netto positivo e valore sociale condiviso, un ‘plus’ di utile sia per la ricerca che per il territorio e la società»; tale ‘plus’ può essere ingenerato «stringendo alleanze con i cittadini – ha aggiunto Megale -, esaltando la dimensione sociale ed economica di una disciplina tradizionalmente fatta da specialisti, come l’archeologia, facendola poi divenire parte della vita di tutti i giorni tramite laboratori, visite e altre iniziative didattiche e divulgative».  

E per offrire agli studenti Unict una prospettiva inedita sulle opportunità derivanti dal mondo delle imprese e dai percorsi di autoimprenditorialità, il prof. Andrea Piccaluga, direttore dell’Istituto di Management alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e vice Presidente nazionale di Netval, ha illustrato alcuni esempi di imprese accademiche nate non tanto dalla volontà di ‘fare soldi’, bensì di creare qualcosa di utile alle proprie comunità: «Stando però sempre attenti – ha ammonito – ad accertarsi prima dell’esistenza di effettivi spazi di mercato, altrimenti si fallisce in breve tempo».

Il workshop si è concluso con la presentazione di alcune delle società ‘spin off’ dell’ecosistema Unict (Next Vision, Eclat e GeoRec) e della start up vincitrice dell’edizione 2022 di Start Cup Catania Alpha Food, campioni di un ‘vivaio’ molto fertile legato alla cosiddetta ‘Terza missione’ dell’Università che sta richiamando sempre più l’attenzione di imprenditori, investitori, finanziatori, ma anche del mondo degli incubatori, degli acceleratori e dei co-working per le start up innovative.