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Un laureando del Disum secondo al dottorato di ricerca in Storia dell’Arte della Normale

Adriano Napoli, 24 anni, sta per laurearsi con una tesi di Storia dell’arte medievale

15 Ottobre 2019
Giuseppe Melchiorri

E’ un laureando magistrale del dipartimento di Scienze umanistiche dell’università di Catania il secondo classificato al concorso di ammissione al dottorato di ricerca in “Storia dell’Arte” della Scuola Normale Superiore di Pisa. Adriano Napoli, 24 anni, di Aci Sant’Antonio, studente del corso di laurea magistrale in Storia dell’Arte e Beni culturali e della Scuola Superiore di Catania, ha ottenuto 84 punti, guadagnandosi uno dei sei posti disponibili dell’ambito corso di perfezionamento della struttura d’eccellenza pisana.

Una soddisfazione enorme, se si pensa che il giovane talento etneo non ha ancora nemmeno discusso la tesi magistrale. “Lo farò tra pochi giorni – spiega Adriano -, la tesi che ho scritto sotto la guida della prof.ssa Claudia Guastella è un argomento di Storia dell’arte medievale: il monachesimo italo-greco d’età normanna e, in particolare, una delle sue espressioni monumentali, cioè la chiesa di Santa Maria di Mili, qualche chilometro a sud di Messina. Con la ricristianizzazione normanna della Sicilia, dall’XI secolo, cominciò infatti una febbrile edificazione non soltanto di chiese latine, espressione della cultura dei nuovi arrivati, ma anche e soprattutto di monasteri di rito ortodosso, perché il tessuto culturale e religioso con cui i conquistatori latini dovettero confrontarsi era appunto greco, sia in Calabria sia in alcune aree della Sicilia che hanno resistito meglio all’islamizzazione, come il messinese. A questo preciso contesto appartiene anche Santa Maria di Mili”.

“Gli interessi di Adriano – spiega la prof.ssa Guastella - si sono indirizzati verso le espressioni artistiche del medioevo meridionale e siciliano in particolare. Nel corso della sua carriera universitaria ha potuto conoscere, dialogare e farsi apprezzare da alcuni dei protagonisti degli studi sulle tematiche interculturali che si intrecciano tra Oriente e Occidente nel Mediterraneo medievale e che vedono la loro espressione più ricca e complessa proprio nel Regno meridionale e soprattutto in Sicilia: i bizantinisti Antonio Iacobini e Alessandra Guiglia dalla Sapienza, Marina Falla dell’Università del Salento e l’islamista Jeremy Johns di Oxford. Essi sono anche stati i testimoni che hanno sottolineato in forma scritta - come prevede la partecipazione al concorso per l’accesso al dottorato della Normale - il rigore e l’originalità del lavoro svolto da questo studente nella stesura della tesi di laurea e l’interesse delle prospettive che esso apre per le sue ricerche ulteriori”.

“Solo nel mese di giugno – racconta Napoli – ho cominciato a pensare al dottorato a Pisa, tentando un po’ la sorte. L’esame di ammissione consisteva, in primo luogo, nella valutazione dei titoli, cioè curriculum, progetto di ricerca, tesi di laurea magistrale, lettere di referenze, certificazioni linguistiche. Superata questa prima fase era previsto un colloquio orale, di un’ora, in cui ho discusso il mio percorso accademico, ho esposto più puntualmente il progetto di ricerca, mi sono state sottoposte le fotografie di alcuni dipinti perché le riconoscessi, ho letto e tradotto parte di un saggio in lingua inglese”.

La sua formazione catanese è stata fondamentale per i suoi successi: “Mi sono diplomato ad Acireale, al Liceo classico Gulli e Pennisi. Mi sono laureato in Beni culturali con il massimo dei voti, prima di iscrivermi al corso magistrale in Storia dell’Arte e Beni culturali. Credo che gli anni dell’Università siano formativi in ogni caso, ma Catania, dove devi misurarti – anche se attraverso il filtro delle mura del monastero dei Benedettini – con una realtà socioeconomica non certo aurea, è occasione di crescita, più ancora che accademica, umana e, oserei dire, emotiva. Catania è, su questo non ci sono dubbi, città e sede universitaria periferica, che in qualche circostanza assurge però a ‘centro’. Ciò succede quando i docenti sono preparati e aggiornati; quando giungono, invitati a tenere conferenze, studiosi di fama internazionale; quando scopri che i fatti artistici del medioevo siciliano e catanese non sono affatto di portata locale. Per esempio, alla Duke University, in North Carolina, si studia la cattedrale di Catania; a Oxford si studiano i cristalli di rocca siciliani, uno dei quali si trova al Castello Ursino. E l’elenco potrebbe continuare. A quel punto non puoi che appassionarti, perché acquisisci la consapevolezza – almeno in prospettiva storica – della centralità passata, ma non totalmente perduta, della città che vivi quotidianamente”.

Adriano ha avuto la possibilità di integrare il percorso accademico con quello della Scuola Superiore di Catania, sotto la guida della coordinatrice della classe delle Scienze umane e sociali Lina Scalisi: “Alla Scuola ho appreso, in primo luogo, a confrontarmi rispettosamente con chi la pensa diversamente da me e il piacere della scoperta di chi inaspettatamente la pensa come me. Questa è forse l’eredità più importante. Al di là di questo, però, la Scuola mi ha offerto molte opportunità formative: dalla collaborazione accademica con i miei tutor, prima la prof.ssa Paola Vitolo, poi il prof. Tancredi Bella, con cui ho appreso alcuni meccanismi di funzionamento dell’università; alla progettazione di corsi specifici, organizzati su misura per me e miranti ad assecondare i miei interessi, come quello in Storia dell’Arte bizantina tenutosi nel maggio scorso. In queste occasioni ho conosciuto studiosi di punta (come Giovanna Perini Folesani, Pierluigi Leone De Castris e Francesco Caglioti, oggi docente proprio alla Scuola Normale) e non è certo un caso che due delle lettere di referenze che ho presentato a Pisa – e che ritengo determinanti – siano state scritte da due docenti con cui non avrei avuto modo di dialogare se non fossero stati invitati dalla Scuola”. Proprio la prof.ssa Vitolo ha inserito il brillante studente nella ricerca per la costituzione di un database sulle opere d’arte medievale del Regno di Sicilia, gestito da William Tronzo, della California University e Caroline Bruzelius della Duke University.

A Catania quindi, secondo Adriano c’è ancora spazio per il talento: “Forse suona retorico ma è vero: ai giovani dico di studiare con scrupolo e passione fin dal liceo, perché esistono ancora, sia qui, sia altrove e nonostante la disillusione serpeggiante, spazi per chi non è figlio di nessuno ma ‘solamente’ bravo”. Eppure non è detto che la carriera di Adriano si sviluppi qui a Catania: “Non so cosa accadrà dopo laurea e dottorato, ma è quasi naturale che, dopo un percorso come quello che sto facendo, proseguire tra i ranghi dell’accademia faccia gola; ma parlarne adesso è certamente prematuro. Non so nemmeno se tornerò nella mia città. Le variabili in gioco sono troppe ed è ancora presto per dirlo. Valuterò in futuro. Di sicuro, nei prossimi anni, e con una consapevolezza diversa, ho intenzione di formarmi anche all’estero. Lo ritengo metodologicamente fondamentale. Per ora ho ritenuto soprassedere perché ho pensato che fosse più opportuno concludere prima possibile gli studi”.