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Un piccolo ghiozzo nativo combatte una delle specie aliene più invasive del mar Mediterraneo

Lo studio di un team etneo afferente al Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania è stato pubblicato sulla rivista Journal of Marine Science and Engineering del gruppo MDPI

8 Aprile 2021
Alfio Russo

Il ghiozzo paganello riesce a predare il granchio corridore atlantico, una delle specie aliene più invasive dei nostri mari. Lo rivela uno studio realizzato da un team di ricercatori catanesi - composto dall’ittiologo Francesco Tiralongo, assegnista di ricerca su tematiche inerenti lo studio della fauna ittica costiera e esperto in specie aliene, dalla dott.ssa Giuseppina Messina e dalla prof.ssa Bianca Maria Lombardo - afferente al Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.

Lo studio, frutto di un lavoro sul campo durato diversi mesi, dal titolo “Invasive Species Control: Predation on the Alien Crab Percnon gibbesi (H. Milne Edwards, 1853) (Malacostraca: Percnidae) by the Rock Goby, Gobius paganellus Linnaeus, 1758 (Actinopterygii: Gobiidae)” è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Marine Science and Engineering del gruppo MDPI.

Dalla ricerca emerge che il “ghiozzo paganello” (Gobius paganellus), un piccolo pesce autoctono della famiglia Gobiidae presente nei nostri mari, è in grado di predare, in maniera efficiente, una delle specie aliene invasive più temibili presenti in Mediterraneo, il “granchio corridore atlantico” (Percnon gibbesi). Proprio questo granchio, segnalato per la prima volta all’interno del nostro Bacino nel 1999, ha in pochi anni invaso centinaia di chilometri di coste lungo tutto il Mediterraneo.

Gobius paganellus

Nella foto di Francesco Tiralongo il “ghiozzo paganello” (Gobius paganellus) 

Anche il ghiozzo paganello, dunque, difende il “proprio” mare dalle specie aliene. Nelle settimane scorse, infatti, con un altro studio internazionale di cui il dott. Francesco Tiralongo è co-autore, era stata mostrata per la prima volta la predazione del “polpo” (Octopus vulgaris) su un’altra specie aliena invasiva, il “pesce scorpione” (Pterois miles).

I ricercatori catanesi nel loro studio hanno esaminato diversi aspetti biologici del ghiozzo, studiandone anche i contenuti stomacali e grazie alle analisi è stato dimostrato in maniera chiara come il ghiozzo riesca a predare con una certa frequenza il granchio alieno, che rappresenta una specie elusiva capace di nascondersi rapidamente sotto ai massi o tra gli anfratti rocciosi. Si tratta della prima evidenza di predazione non occasionale di una specie invasiva da parte di una popolazione nativa mediterranea.

«La dieta dei ghiozzi comprende in genere una varietà di prede piuttosto ampia, solitamente rappresentata da invertebrati marini – racconta Francesco Tiralongo –. Durante il nostro studio abbiamo esaminato e confrontato la dieta del ghiozzo paganello in due aree vicine della Sicilia sudorientale, ad Avola e Noto, e certamente possiamo dire che questo piccolo pesce contribuisce a ridurre l’abbondanza del granchio invasivo lungo le nostre coste. Com’è noto, le specie aliene invasive possono rappresentare una seria minaccia per gli ecosistemi marini, ma anche per l’economia e per la salute dell’uomo, motivo per cui riconoscere quali siano le possibili strategie per tenere sotto controllo le popolazioni delle specie invasive, poiché l’eradicazione è in genere sostanzialmente impossibile, rappresenta un obiettivo valido al fine di limitare i danni che queste specie possono arrecare».

Nella foto di Francesco Tiralongo il “granchio corridore atlantico” (Percnon gibbesi)

«A tal proposito, il nostro studio, che segue di poco quello del polpo che preda il pesce scorpione, dimostra come anche la fauna autoctona possa contribuire, tramite il meccanismo della predazione, a controllare le popolazioni delle specie aliene invasive – aggiunge il ricercatore etneo -. È necessario approfondire con altri studi le dinamiche di predazione, estendendoli ad altre aree e ad altre specie, al fine di meglio comprendere la portata del controllo biologico dovuto ai predatori nativi. Appare chiaro che la tutela delle specie autoctone non solo risulta fondamentale per proteggere la biodiversità dalle minacce umane come la distruzione degli habitat, l’inquinamento e la pesca eccessiva, ma anche per difendere l’ecosistema stesso dalle invasioni biologiche».

«Il nostro Laboratorio di Biologia della Fauna Marina Mediterranea – spiega la prof.ssa Bianca Maria Lombardo dell’Università di Catania – si occupa principalmente della biologia della fauna marina costiera. In un’era in cui i ritmi delle invasioni biologiche aumentano costantemente, non possiamo certamente trascurare questo aspetto e tutti gli effetti negativi che le invasioni possono arrecare, non solo all’ambiente, ma anche all’economia e alla salute umana”.

L’articolo originale pubblicato su JMSE è disponibile al seguente link: https://www.mdpi.com/2077-1312/9/4/393

Nella figura la “predazione” da parte del ghiozzo paganello