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Articolo tratto da La Sicilia del 09/10/2015
Cinque anni fa moriva Giuseppe Dato, urbanista e docente universitario catanese, preside, fino alla sua scomparsa, della facoltà di Architettura dell'Università di Catania con sede a Siracusa.
Nei quarant'anni della sua attività catanese (si era laureato a Venezia e, successivamente, aveva iniziato l'attività professionale con Sergio Staino a Firenze) aveva assunto un ruolo di grande importanza nel panorama culturale, accademico e scientifico italiano e, naturalmente, in particolare in quello siciliano ed etneo.
La sua attività di docente, di progettista di piani regolatori e di intellettuale è stata sempre improntata a un senso etico sul quale era intransigente. Anzi, proprio la decisione di tornare a Catania e di impegnarsi nell'università e in particolare nell'IDAU, diretto da Salvatore Boscarino, era stata motivata da un rigoroso senso del dovere che lo aveva convinto che fosse necessario dare forza in Sicilia alla cultura della pianificazione del territorio e della città, come contributo essenziale a una più ampia azione volta a invertire il declino in cui l'intera regione sembrava essere scivolata dal Dopoguerra in poi.
Analogo ruolo svolgeva, nella sua visione, il potenziamento dell'Università e dei suoi compiti di formazione, ma anche di ciò che oggi è definita la "terza missione", cioè il supporto agli organi territoriali di governo.
A Catania Giuseppe Dato ha dedicato molti dei suoi studi, a partire dall'imprescindibile La città di Catania. Forma e struttura 1693-1833, pubblicato nel 1983, in cui, utilizzando in modo originale la lettura tipomorfologica muratoriana, disvela come nessun altro le caratteristiche dei tessuti urbani storici catanesi a partire dalle tracce ancora esistenti e risalenti a epoche precedenti al 1693, fino ai progetti urbani dei primi decenni del XIX sec.. In questa rigorosa analisi urbana colpisce, per la modernità dell'approccio, l'attenzione estesa dai tessuti dei quartieri "alti" a quelli delle classi subalterne che, in fondo, concorrono all'immagine e all'identità urbane catanesi tanto quanto quelli prodotti da nobiltà e clero.
In altri lavori (La città e i piani urbanistici. Catania 1930/1980) Dato ha analizzato la fase di rafforzamento del ruolo di capitale orientale della Sicilia avviato durante il fascismo e proseguito nei primi decenni postbellici, mettendo in evidenza le forti contraddizioni derivanti dall'adozione di un modello di crescita fortemente influenzato dai gruppi di potere politici non sempre volti agli interessi generali della città e della sua comunità.
Questi lavori, insieme ad altri dedicati a Catania, tra cui il volume sull'architettura dei Gesuiti scritto a quattro mani con Giuseppe Pagnano, costituiscono ancora oggi il corpus più completo e omogeneo sulle vicende urbane della neonata Città metropolitana, sulla quale, certamente, Giuseppe Dato non avrebbe fatto mancare le sue riflessioni e critiche, convinto com'era che appartenesse al dovere e non al diritto dell'intellettuale/docente quello di offrire le sue riflessioni alla comunità per contribuire a orientarne le scelte.
E certamente avrebbe avuto qualcosa da dire sulle vicende che stanno interessando i paesi della costa sud del Mediterraneo, le loro città e il loro ricchissimo patrimonio archeologico oggi a rischio. A quelle realtà urbane, infatti, aveva dedicato una parte cospicua dei suoi studi pubblicati, tra l'altro, in due volumi assai interessanti quanto rari da trovare: Marginalità urbana ad Alessandria d'Egitto, del 2003, e Da Beirut a Noto. Patrimonio archeologico e pianificazione urbanistica. Studi e ricerche nei paesi del Mediterraneo, del 2005.
A Giuseppe Dato saranno dedicati speciali eventi in occasione del Congresso nazionale della Società Italiana degli Urbanisti che si terrà a Catania nel giugno 2016.