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Un ricordo di Giuseppe Giarrizzo

Quel dialogo fecondo fra Giarrizzo e gli economisti agrari, ai fini dell'elaborazione di nuove metodologie di ricerca sulla storia agraria del Mezzogiorno d'Italia

23 Marzo 2016
Francesco Bellia, Professore Emerito di Economia e Politica agraria

A pochi mesi dalla scomparsa del Prof. Giuseppe Giarrizzo, mi sia consentito di celebrarne il ricordo, sia pure entro i limiti di un breve intervento sul Bollettino d'Ateneo, elaborato sulla base di testimonianze dirette, frutto dei rapporti che mi legavano al Nostro da oltre cinquantanni di collaborazioni scientifiche e di affettuosa amicizia.

Con Pippo Giarrizzo avevamo, tra l'altro, alcuni filoni di ricerca di comune interesse per un'affinità dei rispettivi settori scientifico-disciplinari di Storia economica e di Economia e Politica Agraria, con particolare riguardo alla Storia dell'Agricoltura. Rapporti consolidatisi nel tempo, come ebbi modo di sottolineare nelle "Giornate di Studio" in Suo onore (2/2/1999), anche per la presenza nel Dipartimento di Scienze Economico-Agrarie ed Estimative (a quel tempo diretto dal sottoscritto) dei Proff. Sebastiano Di Fazio e Franco Amata, che avevano indirizzato gran parte delle loro attività di ricerca nel campo delle Scienze storiche e soprattutto di quelle storico-economiche in agricoltura.

Su un piano più generale, i rapporti fra cultori di discipline storiche e di discipline economico-agrarie, hanno visto in primo piano - fra gli economisti agrari - figure prestigiose di studiosi, quali Arrigo Serpieri, Mario Bandini e Manlio Rossi Doria. Sono noti i rapporti che legavano Serpieri a Gioacchino Volpe, mentre Bandini, autore di un volume di Storia dell'agricoltura (Cento anni di storia agraria italiana, 1957), si spinse fino a sostenere in un saggio ben noto l'importanza della storia e in particolare della storia economica come strumento di base negli studi e nelle ricerche economico-agrarie (Il carattere storico dell'economia agraria, 1967); infine, Rossi Doria soprattutto nell'ultimo ventennio della sua vita accademica, indirizzò gran parte dei suoi studi verso tematiche a carattere storico, pubblicando diversi scritti su economisti, pensatori, letterati e politici del Mezzogiorno.

Alla base dei miei rapporti con Pippo Giarrizzo, oltre ai sentimenti di stima ed amicizia, stava il comune sentire  sul valore dell'interdisciplinarità nelle attività di formazione superiore e soprattutto in quelle di ricerca, per cui storici, economisti, sociologi, statistici possono e debbono dialogare sia nella fase di impostazione di un progetto di ricerca e/o di alta formazione, sia in quella di realizzazione, sia ancora in quella d' interpretazione dei risultati ottenuti. Ed una simile posizione era chiara in Giarrizzo fin dagli inizi degli anni '60. A quell'epoca, infatti, mentre Rossi Doria a Portici (Napoli) fondava il "Centro di Specializzazione e di Ricerche Economico-Agrarie per il Mezzogiorno" e proponeva modelli di formazione innovativi, coinvolgendo - a fianco degli economisti agrari - studiosi di diversa estrazione disciplinare, Giarrizzo a Catania  era pervaso dagli stessi interessi.

Ed è in quest'ambito che si colloca la mia testimonianza. Eravamo ai primi anni '60, quando, giovane assistente universitario, conobbi Giuseppe Giarrizzo che avrebbe voluto discutere alcune tesi di una sua ricerca in corso con il mio maestro Vincenzo Patuelli. Ma quest'ultimo delegò me ad un tale compito, che accolsi con curiosità ed interesse, ma anche con il necessario impegno. Si apriva così un sodalizio culturale e scientifico fra il sottoscritto e Pippo Giarrizzo, che - se in una prima fase mi trovai quasi a subire -  successivamente mi coinvolse alquanto, contribuendo alla fine a dare una svolta al mio stesso processo di formazione ed ai miei interessi di studio.

Questo sodalizio, lo ricordo bene, si sviluppò soprattutto fra il 1962 ed il 1963 attraverso una fitta rete di incontri, che si tenevano presso l'Istituto di Economia e Politica Agraria della Facoltà di Agraria. Erano incontri ai quali il Nostro si presentava con un nutrito gruppo di allievi e collaboratori e nei quali si discutevano problemi metodologici e questioni interpretative, legate ad una ricerca su un comune rurale della Sicilia (Biancavilla 1810-1860); ma spesso si finiva per spaziare su temi di carattere più generale che investivano i rapporti fra scienze economiche e scienze storiche, senza perdere di vista,  nelle analisi degli avvenimenti e delle cause, il contesto economico-sociale ed i necessari riferimenti spazio-temporali.

In questi incontri, che si svolgevano nelle ore serali (dalle 19,30 in poi) e si protraevano per parecchio tempo (suscitando le proteste del custode della Facoltà, che si vedeva costretto a posticipare la chiusura dei locali), io venivo a trovarmi nel ruolo - certamente scomodo in relazione al valore dell'interlocutore -di "avvocato del diavolo", come a quel tempo mi chiamava Pippo; incontri, per altro, assai stimolanti che contribuirono ad arricchirmi ed a arricchirci, al di là delle finalità che li avevano determinato.

Ma i tempi erano maturi per sfide di maggiore mole ed impegno e Giarrizzo decise di organizzare, mi pare tra il 1965 e il 1966, presso la Facoltà di Lettere, alcuni seminari di studio, il cui obiettivo principale era  quello  di  riconsiderare  le  metodologie di ricerca sulla storia agraria del Mezzogiorno, alla luce di una valutazione critica delle fonti statistiche ufficiali e di quelle di documentazione correntemente utilizzate, proponendone di nuove, e tenendo conto degli sviluppi della teoria economica. Seminari che riscossero pieno successo per l'attiva partecipazione di diversi dei maggiori storici del tempo, alcuni dei quali presenziarono a quei Seminari (e mi sia consentito citare, fra gli altri, Rosario Romeo, Franco Venturi, Giuseppe Galasso e Rosario Villari); ma intervennero anche economisti e sociologi della nostra Università, fra i quali il sottoscritto.

A distanza di diversi decenni, debbo ribadire che questi seminari - unitamente agli incontri con Giarrizzo e collaboratori - hanno profondamente segnato il mio percorso evolutivo di economista agrario, al punto che nel 1995, in occasione del Convegno Internazionale di Studi sul Cinquantenario della Rivista di Economia Agraria, della quale ero direttore responsabile, mi adoperai affinchè una sezione del Convegno venisse dedicata ai rapporti dell'economia agraria con altre scienze (le storiche, le sociali, le ambientali, le economiche), come documentano gli  Atti del Convegno, successivamente pubblicati come numero speciale della Rivista.
E' da notare inoltre che la visione d'interdisciplinarità e la necessità di un approccio analitico nell'impostazione degli studi storici  a livello di Paesi, regioni o territori, costituiscono una nota costante del pensiero scientifico di Giarrizzo, che, lo ripeto, in qualche misura ha influenzato il mio processo di formazione, e di ciò non posso che essergli grato e intendo anche in questa occasione renderne pubblica testimonianza.

Altra importante iniziativa di Giarrizzo, nella quale fui coinvolto verso la metà degli anni '70, fu quella di una lettura "non convenzionale" della riforma agraria, attraverso un ciclo di seminari di studio ai quali - oltre al sottoscritto - parteciparono, tra gli altri, Mario Renda e Giovanni La Francesca, seminari introdotti e conclusi dal Nostro, con la maestria, l'impegno ed il rigore che gli erano propri.

Una tale esperienza non andò dispersa. Quando, dopo la caduta del muro di Berlino e lo scioglimento dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS),  fui chiamato dall'Accademia delle Scienze a Mosca nel 1993 per relazionare sulla Riforma Agraria in Italia e sulle possibili indicazioni per quella da realizzare in Russia, con particolare riguardo ai modelli d'intervento, alle modalità operative ed agli strumenti da adottare, non potei non ripensare  infatti a quel ciclo di seminari, che mi avevano dato l'occasione di approfondire una materia così complessa, quale quella della Riforma, in relazione all'organizzazione e gestione dell'intervento, al contesto economico-sociale, alle risorse finanziarie  occorrenti, alle finalità perseguite ed alle implicazioni economico-sociali, e potei così affrontare con migliori possibilità di successo, la difficile tematica, con  riferimento ad un Paese (la Russia), nel quale non era difficile enucleare a quel tempo (1990-95) alcuni punti di contatto con l'Italia dei primi anni del secondo dopo guerra (1945-50).

Altra occasione di stretta collaborazione si era verificata già nel 1988, allorchè - quali membri di diritto del Senato Accademico dell'Università di Catania - eravamo stati chiamati, unitamente a Franco Leonardi, a redigere lo schema di "Piano quadriennale di sviluppo dell'Università di Catania 1987-90", fatto proprio dal Senato Accademico nella versione proposta e, successivamente, trasmesso al Ministro della P.I., che al quel tempo era  Giovanni Galloni.

Mi  sia consentito infine di fare un cenno  su un' ulteriore occasione di collaborazione con il Nostro. Nel definire il programma del ciclo di seminari, nell'ambito della Cattedra Jean Monnet , assegnata  per il triennio 1999-2001 dall'Unione Europea al Dipartimento di Scienze Economico-Agrarie ed Estimative della nostra Università, il seminario di apertura, tenutosi nel marzo 2001, non poteva essere proposto che a Giuseppe Giarrizzo, studioso di caratura internazionale in grado di interpretare come pochi evoluzioni e prospettive della costruzione europea. Il tema sul quale fu chiamato a relazionare è infatti di vasta importanza ed attualità (Dalla vecchia alla nuova Europa: continuità e discontinuità), e nella relativa trattazione fu necessario effettuare una difficile operazione di valutazione sull'avvenire dell'Europa unita, nel quadro degli scenari tracciati nel documento della Commissione Europea, noto come Agenda 2000, che Giarrizzo fece in modo mirabile, delineando la complessità degli scenari in gioco e le corrispondenti prospettive, meritevoli - ancora oggi - di attenta riflessione.

D'altra parte il polimorfismo della Scienza e della Cultura del Nostro gli consentiva di spaziare dalle questioni regionali alle nazionali e da quest'ultime alle internazionali, qual è  in particolare il tema dell'Europa Unita e del suo divenire, che appassiona non soltanto gli studiosi ma anche gli operatori pubblici e privati, la classe politica ed i comuni cittadini. L'impegno, il rigore ed il metodo con cui  Giarrizzo affrontava gli argomenti in cui si cimentava non poteva che garantire al seminario i migliori risultati, come in effetto accadde.

In conclusione, questi ricordi,  pur nella loro  brevità ed essenzialità, costituiscono un primo contributo per un doveroso riconoscimento del prestigio che alla Comunità scientifica dell'Ateneo di Catania hanno conferito la figura e l'opera di Giarrizzo, la cui personalità complessa e poliedrica si è imposta fin dagli inizi degli anni '60 all'attenzione degli studiosi, segnalandosi fra i protagonisti più autorevoli nel dibattito scientifico nel campo delle scienze storiche, con rilevanti apporti sul terreno metodologico, ma anche su quello delle analisi e delle interpretazioni, con particolare riguardo alla storia moderna e contemporanea del Mezzogiorno d'Italia.