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Il rettore Francesco Priolo ha posto l'accento sul difficile nodo della fuga degli studenti verso le università del Nord
“Dobbiamo cacciare l’idea di rassegnazione che sta tornando ad impadronirsi dei siciliani. Le “Cento idee per lo sviluppo” che vennero presentate a Catania nacquero anche da una spinta sociale che ora dobbiamo ritrovare”.
Il ministro Giuseppe Provenzano si è dichiarato pronto ad accogliere le istanze del territorio e della Cgil, che chiedono “un Piano di sostegno straordinario per la Sicilia e per Catania”, ma anche a ricordare che senza uno sforzo comune, ogni passo rischia di cadere nel vuoto.
Il confronto pubblico di stamattina con il ministro per il Sud e la Coesione sociale, promosso dalla Camera del lavoro di Catania e coordinato dal segretario generale Giacomo Rota, è stata un’occasione importante per il mondo del lavoro e della produzione cittadina.
Sindacato, Università, industriali, cooperative, artigiani e agricoltori, hanno fatto il punto sulle criticità dell’area etnea ma anche sulle occasioni ancora poco sfruttate che potrebbero assicurare un nuovo e definitivo slancio al territorio.
Il ministro Provenzano ha incontrato in privato i lavoratori in difficoltà del Teatro Massimo “Vincenzo Bellini” e del Porto di Catania, ha ascoltato le istanze delle sigle invitate dal sindacato, e ha sottolineato l’ esigenza di “approvare subito la legge di bilancio che contiene manovre importanti per il Sud e per la Sicilia, il credito di imposta per investimenti e altre misure sulla ricerca e l'innovazione, il raddoppio per la strategia delle aree interne dell'Isola che mai come in questo caso è fondamentale perché significa viabilità, infrastrutture, trasporti, servizi. Siamo anche a lavoro per il 'Piano per il Sud' - ha aggiunto - e quando sarà approvata la Manovra, avremo anche questo piano che non vorrei chiamassimo 'Piano per il Sud', ma 'Piano per l'Italia'. perché l'investimento sulla Sicilia è interesse di tutta la Nazione,anche della piccola e media impresa del centro-nord. Dobbiamo superare questa contrapposizione territoriale”.
Il segretario generale della Camera del lavoro di Catania, Giacomo Rota, non ha nascosto in particolare il forte disagio del mondo del lavoro rispetto al Governo della Regione sempre più distante dagli interessi del territorio e dei cittadini.
Rota ha subito ricordato che a causa delle scelte della Regione Siciliana, “Il Teatro “Bellini” non avrà i soldi per lo stipendio dei suoi lavoratori. Sabato farò il prossimo abbonamento a scatola chiusa - dice- e allora fate anche voi come me, diamo un segnale”. Per i lavoratori del Porto etneo, il segretario generale denuncia l’oramai evidente “sfruttamento degli operatori e mentre le aziende vanno in autoproduzione, il Porto licenzia. Abbiamo chiesto di darci una mano, è difficile, ma proviamo a sostenerli. Annunciamo che nei prossimi giorni saremo in Assemblea permanente”.
Per il sindacato, cittadini e imprese siciliane operano “in un deserto infrastrutturale” e la stessa Catania “è tutto il contrario di tutto, è un ossimoro. Un esempio? C’è un’eccellenza produttiva importante come la St Microelectronics ma la multinazionale non fa adeguati investimenti allo stabilimento.
Al governo chiediamo un sostegno concreto. Non c’è solo lo stabilimento di Milano ma anche quello di Catania”.
Rota non dimentica le eccellenze agricole mai adeguatamente valorizzate, come il caso eclatante dell’arancia rossa, sottolinea l’ urgenza di rafforzare infrastrutture chiave come Aeroporto, Porto ed Interporto, ma anche l’esigenza di un’attenzione più forte alla scuola e all’Ateneo, e a tutte le dinamiche che garantiscano un welfare efficace per i più deboli.
Il neo Rettore dell’ Università, Francesco Priolo, affronta il difficile nodo della fuga degli studenti verso le università del Nord “dove è più facile trovare lavoro, ma qui dobbiamo fare i conti con la riduzione dei docenti e delle risorse in base a criteri solo apparentemente meritocratici che privilegiano, con i fondi premiali e i punti organico aggiuntivi, le università già virtuose e danneggiano invece quelle con condizioni del proprio contesto che le svantaggiano. Come tutti gli atenei meridionali, Catania soffre anche per la scarsa attrattività legata alla sua collocazione geografica, che invece potrebbe essere un'opportunità. Eppure la nostra ricerca funziona”. E cita l’esempio del carburo di silicio studiato a lungo a Catania e proprio per questo “lavorato” nella sede St della Zona industriale.
Diretto il presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco che segnala la necessità che “le ZES, Zone economiche speciali, siano davvero il motivo per cui l’imprenditore possa investire in Sicilia. Ma se arriviamo in ritardo qualunque tipo di incentivo sarebbe vano”.
Per il segretario della Cna, Andrea Milazzo “si è perso il rispetto per il valore del lavoro artigiano. Una svalutazione culturale ingiusta, che va affrontata con adeguati aiuti fiscali. Crediamo sia necessario un progetto di Mezzogiorno largamente condiviso per riattivare il consumo. Ma in questi anni si è andati nella direzione opposta. Non vogliamo aiuti ma opportunità”.
Il presidente di Confcooperative, Gaetano Mancini, sottolinea l’importanza di entrare nei dettagli delle richieste: “Dire di volere investire nelle infrastrutture significa scegliere che tipo di Sicilia vogliamo. Siamo di fronte alla quarta rivoluzione industriale. Guardiamo al modello di industria 4.0 collaborando con Università e i centri di ricerca. Vogliamo perciò accompagnare il nostro futuro quando cambierà il modo di produrre grazie alla digital transformation, e questo vale anche per il turismo”.
Il presidente della CIA della Sicilia orientale, Pippo Di Silvestro, tiene a sottolineare che non sono i prodotti dell’agricoltura ad essere in difficoltà, “ma è la crisi economica strutturale che ci devasta e il fatto che in Sicilia non facciamo sistema; ci poniamo ancora in maniera individuale. Noi siamo isola, abbiamo costi diversi, mentre i clienti cercano prodotti che costano meno”.
A concludere il confronto è stato il segretario generale di Cgil Sicilia, Alfio Mannino: “Abbiamo 15 mld di euro a disposizione della Sicilia che comprendono opzioni come il FESR o gli accordi di programma quadro, il Patto per il sud e molto altro, ma l’avvento dell’industria 4.0 deve poter essere assorbito dalla qualità delle nostre stesse imprese. Così come nel caso delle infrastrutture, abbiamo la necessità attraverso accordi di programma quadro con Anas e Fsi, di collegare le città importanti. Non solo per la mobilità delle persone. E infine, senza il welfare e una giusta politica per l’infanzia, non si potrà aiutare il Sud. Se ciò non avverrà in tempi brevi, alimenteremo la sfiducia, la rabbia e la rassegnazione”.
Il ministro Provenzano ascolta tutti, spiega di “non avere la bacchetta magica”, di continuare ad attaccare in prima persona “il modello di politica di spicciafaccende, che si spende per le piccole e singole cose perdendo di vista le missioni importanti”, ma assicura: “Nei prossimi giorni pubblicheremo il decreto che rende operativo 'Resto al Sud', che si allarga ai servizi, ma i giovani non tornano e restano per decreto: bisogna riavviare un processo di sviluppo profondo”.
Sui fondi Ue non spesi in Sicilia, aggiunge: “Non lo dico con polemica. Al governatore della Sicilia, Nello Musumeci, ho dato disponibilità a lavorare insieme per evitare che un solo euro di fondi europei venga perduto. I siciliani non meritano di pagare due volte il costo delle inefficienze".