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Vent’anni Scuola Superiore, serata celebrativa con l’orazione civile di Salvatore Settis

Per l'archeologo e storico dell’arte di fama mondiale «l’Italia è tra i paesi europei che hanno più fortemente disinvestito in politiche culturali, e le ricadute si vedono soprattutto al Sud» 

9 Luglio 2018
Mariano Campo

Una serata all’insegna dei ricordi e dei progetti, arricchita da parole istituzionali e immagini – anche e soprattutto informali – per celebrare il traguardo dei primi vent’anni di attività della Scuola superiore di Catania, la struttura di eccellenza dell’ateneo fondata dall’allora rettore Enrico Rizzarelli nel 1998. E a suggellare i festeggiamenti, di fronte al pubblico che ha gremito la corte centrale di Villa San Saverio, l’orazione civile sul Diritto alla Cultura nella Costituzione italiana di Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte di fama mondiale che fu a lungo direttore della Scuola Normale di Pisa, che ha definito la nascita della giovane istituzione catanese come «un atto di resistenza, capace di muovere le norme e di progettare il futuro».

Emozionato, il presidente Francesco Priolo, ha introdotto l’evento, un momento nel quale «la comunità della Ssc e di tutto l’ateneo si raccoglie, dimostrando il proprio senso di appartenenza», ricordando le iniziative fin qui realizzate per il ventennale – la mostra celebrativa esposta al rettorato, la pubblicazione del volume “Visioni” di Giorgio Romeo -, affermando che «tutti, responsabili, docenti, tutor, allievi e personale, sono consapevoli e onorati di far parte di un progetto che sin dall’inizio fu ambizioso e che si proietta oggi verso nuove sfide non meno impegnative», aspirando a guadagnarsi anche quell’autonomia che ne attesterebbe appieno il ruolo nel contesto della rete di eccellenza nazionale e internazionale, in condizioni di ‘pari opportunità’ con le altre istituzioni più consolidate. Ambizioni e traguardi supportati dai dati sulle attività svolte, dettagliatamente riportati nella relazione poi svolta dal presidente Priolo, che ha tracciato le linee guida del prossimo futuro: mantenere gli standard del rigore e del merito, senza abbassare la guardia, attrarre giovani brillanti dal resto d’Italia, networking con le altre scuole superiori, partnership e collaborazioni con enti e imprese del territorio.

Ma era visibilmente entusiasta anche il rettore Francesco Basile, che ha ringraziato tutti i precedenti presidenti della Scuola, riconoscendo loro di aver sempre «perseguito rigorosamente l’obiettivo della meritocrazia e della interdisciplinarietà, che sono alla base di questa struttura, e ciò è testimoniato dal fatto che gli allievi sono i migliori nelle rispettive discipline, e alla fine del corso di studi assumono posizioni lavorative o di ricerca in tutto il mondo». «A noi – ha aggiunto il rettore, rivolgendosi alle autorità presenti e incoraggiando a più riprese i ragazzi, di cui si è detto orgoglioso – spetta anche il compito di individuare quei percorsi che consentano loro eventualmente di tornare, per contribuire al rilancio del nostro territorio».

«Questo anniversario – ha aggiunto il presidente della Regione Nello Musumeci, che ha ricordato il contributo della Provincia regionale da lui allora guidata all’istituzione della Scuola – è la prova che questa terra non ha nulla da invidiare alle altre regioni, quando si realizzano iniziative coniugando passione e cuore. In Sicilia c’è bisogno di una classe dirigente, non solo politica, di livello, e la Scuola superiore di Catania, dopo vent’anni di concrete testimonianze e un consuntivo soddisfacente, può dare una convinta risposta su questo fronte». «Ognuno di noi deve svolgere la propria parte per invertire la rotta della fuga dei cervelli – gli ha fatto eco il sindaco Salvo Pogliese -. Da rappresentante degli studenti ho partecipato alla fase embrionale di questa realtà, e gli obiettivi di allora sono stati poi certificati dai traguardi raggiunti dagli allievi: io dico, continuiamo a valorizzare questi talenti». I volti di questi studenti eccellenti, più volte richiamati e indicati come ‘modello per tutta l’Università”, sono stati proiettati durante tutto l’incontro sui maxischermi, insieme alle interviste ad alcuni dei principali protagonisti di questa storia, accompagnate dai gradevolissimi intermezzi musicali dell’Italian Ensemble.

Prima della consegna delle pergamene di diploma ad undici allievi che hanno recentemente concluso il percorso di studi – Giulio Amara, Giovanni Antonio Cannetti, Filippo Contino, Dominic Genovese , Cristoforo Marco Grasso, Antonina Maria Mistretta, Giampaolo Pitruzzello, Domenica Raciti, Fabio Russo, Alessandro Sitta e Paola Tricomi -, è toccato all’ospite d’onore della serata, Salvatore Settis, proporre una densa riflessione sul Diritto alla Cultura, così come sancito dalla Costituzione italiana. «Sancito, ma molto spesso tradito o ignorato – ha osservato amaramente, citando in primis l’articolo 9 della Carta -. Come spesso avviene ci troviamo a dover constatare il divorzio tra l’affermazione teorica di principi e la negazione di questi stessi principi nella pratica delle risorse. Dati alla mano, l’Italia è tra i paesi europei che hanno più fortemente disinvestito in politiche culturali, e le ricadute si vedono soprattutto al Sud. Insomma, tutti a dire che la cultura (la scuola, l’università, la ricerca, il patrimonio culturale e ambientale…) è un asset strategico ma di fatto, da almeno vent’anni, è il primo oggetto dei tagli governativi».

«È su questo sfondo – ha proseguito Settis - che, in un Paese oggi affetto da una crisi collettiva di memoria, dobbiamo ricordare a noi stessi che la cultura, secondo la Costituzione, è un bene comune. Secondo il nostro ordinamento, i valori della cultura (per esempio la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico) non sono un tema “di nicchia”, ma appartengono a una sapiente architettura di diritti che si lega strettamente agli orizzonti fondamentali della democrazia: uguaglianza, libertà, equità sociale, dignità della persona umana. Ma perché queste mete siano praticabili e concrete è altrettanto necessaria la piena centralità della cultura, che appartiene allo stesso identico orizzonte di valori costituzionali che include il diritto al lavoro, la tutela della salute, la libertà personale, la democrazia. Se concepiamo la cultura come il cuore e il lievito dei diritti costituzionali della persona e insieme il legante della comunità, capiremo che essa è funzionale alla libertà, alla democrazia, all'eguaglianza, alla dignità della persona».

«Dalla nostra giusta indignazione per questo ‘diritto negato’ – ha concluso, indirizzando il suo augurio per il futuro della Scuola superiore catanese - deve nascere un rinnovato esercizio del diritto di resistenza, altissimo principio che, pur non essendo espressamente scritto nella Carta, ne rispecchia in pieno lo spirito, laddove gli atti dei poteri pubblici arrivino a violare le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla stessa Costituzione».