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Un senso in più per capire l’Universo

A FameLab Catania il rettore del Gran Sasso Science Institute Eugenio Coccia ha spiegato l’importanza della scoperta delle onde gravitazionali

1 Marzo 2018
Mariano Campo

«Prima era solo il fotone, quindi la luce, a raccontarci tutto ciò che avviene nell’Universo. Adesso, con la scoperta delle onde gravitazionali, possiamo anche ascoltare i ‘suoni’ più misteriosi generati da sorgenti cosmiche e, grazie alle vibrazioni trasmesse, ottenere informazioni sulle zone più oscure dall’Universo che la luce non ci porterebbe».

Il prof. Eugenio Coccia, rettore e fondatore del Gran Sasso Science Institute, ha illustrato il vero significato della scoperta più rivoluzionaria degli ultimi anni annunciata, all’inizio del 2016, dalle collaborazioni scientifiche internazionali Ligo-Virgo, intervenendo alla finale di FameLab Catania, il contest per giovani comunicatori della ricerca.

Si tratta di impercettibili curvature spaziotemporali che si propagano a carattere ondulatorio, già previste da Albert Einstein nel 1916 come conseguenza della teoria della relatività generale. Ad accertarne finalmente l’esistenza è stato un esperimento che ha rilevato le vibrazioni causate dalla collisione di due buchi neri, misurate da tre rilevatori: due negli Usa (negli stati di Louisiana e Washington) e uno in Italia (a Cascina, vicino Pisa), costruito dall’Infn italiano e dal Cnrs francese.

Per questa straordinaria scoperta – che da vita ad una ‘nuova astronomia’ - gli scienziati Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne hanno ricevuto il Premio Nobel 2017 per la Fisica, ma in questa occasione è stato messo in evidenza anche il ruolo importante avuto dagli studiosi italiani. Tra i firmatari dell’articolo sulla scoperta - pubblicato su Physical Review Letters - ci sono, infatti, lo stesso prof. Coccia e altri docenti, ricercatori e allievi della stessa scuola di eccellenza abruzzese.

Eppure tutto – ha spiegato Coccia – è partito dal taccuino di Galileo, sul quale lo scienziato pisano annotava meticolosamente tutti i movimenti dei satelliti intorno a Giove. «Dal cannocchiale di Galileo ai modernissimi interferometri laser, il lungo percorso verso la scoperta delle onde gravitazionali fa tappa da Newton, che affermò l’universalità della gravitazione, sublima nell’’eresia’ relativistica di Einstein, e si avvale della ‘lucida follia’ di Joe Weber, che negli anni ’60 tentò di costruire quasi artigianalmente i primi rilevatori di onde».

«Rispetto a Newton – ha proseguito Coccia -, Einstein modifica di fatto la geometria dell’universo: ci offre la descrizione di una dimensione spaziotemporale non statica, ma fluida ed elastica, come se avesse una consistenza gelatinosa che si espande e contrae. Il movimento delle masse crea delle onde che viaggiano alla velocità della luce e deformano tale dimensione». Questa visione, oggi confermata, apre una prospettiva assolutamente inedita sullo studio dell’Universo. Le onde gravitazionali ci affidano preziose informazioni sulle loro origini, sulla natura della gravità e sulla natura dei corpi stessi che le producono, informazioni altrimenti non avremmo: «Oggi possiamo contare su un senso in più, quando ‘scrutiamo il cielo’: non solo gli occhi, ma anche l’udito. Questa è l’astronomia nuova delle onde gravitazionali».