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Pubblicato nei giorni scorsi il documento con una serie di azioni specifiche innovative adottabili dal sistema sanitario italiano. Nel gruppo di lavoro del Consiglio Superiore della Sanità anche il docente etneo Francesco Pappalardo
La Medicina in Silico è la nuova frontiera della cura delle malattie tra abbattimento dei costi per il sistema sanitario nazionale e un trattamento più personalizzato. E nei giorni scorsi il gruppo di lavoro “Percorsi di adozione della Medicina in Silico in Italia” del Consiglio Superiore della Sanità ha rilasciato un documento con una serie di azioni specifiche – “Raccomandazioni” – finalizzate ad offrire soluzioni qualitativamente innovative adottabili dal sistema sanitario italiano.
A far parte del gruppo di lavoro anche il prof. Francesco Pappalardo, docente di Informatica del Dipartimento di Scienze del Farmaco e della Salute dell’Università di Catania che spiega come «negli ultimi 20 anni una serie di metodi computazionali hanno permesso di sviluppare modelli computerizzati in grado di predire un’enorme quantità di dati misurabili nel singolo paziente, consentendo al medico di assumere la migliore decisione possibile».
Il termine In Silico, infatti, descrive la modellizzazione, la simulazione, la predizione e la visualizzazione di processi biologici e medici nei computer, facendo riferimento al silicio impiegato nei microprocessori.
«Il documento introduce il concetto di “donatore di dati clinici ad uso esclusivo della ricerca” ed un nuovo modello di consenso informato che autorizza indefinitamente o fino alla revoca del consenso, l’uso dei dati clinici del donatore in un database di ricerca – spiega il docente dell’ateneo catanese -. Sono previste anche adozioni di strategie che possano ridurre la disomogeneità geografica e di censo all’accesso e alla qualità delle cure, ma anche di finanziare progetti pilota per lo sviluppo e trasferimento clinico di tecnologie Digital Patient e anche per l’In Silico Trials per la valutazione di sicurezza ed efficacia di nuovi farmaci e dispositivi medici».
«Si propone, inoltre, di promuovere uno standard di interoperabilità per attivare un unico sistema informativo per la gestione del fascicolo sanitario elettronico e la creazione di uno scenario di integrazione totale dei dati clinici digitali» aggiunge il docente.
La Medicina In Silico, infatti, utilizza tecnologie per creare modelli computerizzati in grado di assistere nella diagnosi, predire la prognosi e simulare l’effetto delle terapie disponibili, al fine di personalizzare il trattamento. Tecnologie possono essere utilizzate per supportare la decisione medica per un singolo paziente (Digital Patient) o per aumentare la sicurezza e l’efficacia dei nuovi prodotti medici, riducendo l’impiego della sperimentazione animale e umana (In Silico Trials).
Tra i vantaggi della Medicina in Silico anche quelli che consentiranno di rispondere all’aumento di richiesta di assistenza sanitaria, con significativi vantaggi economici, sostanziali riduzioni della spesa e miglioramento della qualità delle prestazioni e delle cure. Le sole tecnologie Digital Patient potrebbero consentire risparmi di oltre il 30% sul costo dei percorsi della medicina avanzata, favorendone la diffusione con modesti costi marginali, mentre le tecnologie di sperimentazione In Silico potrebbero ridurre il costo di sviluppo e la valutazione regolatoria mediamente di 150 milioni di euro per un nuovo farmaco.
L’Italia, infatti, secondo dati Onu del 2017, è il secondo paese al mondo dopo il Giappone in termini di invecchiamento della popolazione, mentre secondo Eurostat nel 2016 il nostro Paese ha speso l’8,9% del Pil in sanità con una spesa pro-capite attorno ai 2,450 euro.
Nel 2017 in Italia la spesa sanitaria è stata di 114,1 miliardi di euro, di cui 18 miliardi in spesa farmaceutica e 6 miliardi in dispositivi medici.
Il prof. Francesco Pappalardo