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A Villa San Saverio il direttore del Museo Egizio di Torino ha parlato di musei e archeologia a cent’anni dalla scoperta della tomba del ‘faraone bambino’
«L’archeologo è colui che, nel presente, fa incontrare il passato con il futuro, reinterpretando con rigore e metodologia critica i frammenti di una cultura materiale di alcuni millenni fa affinché possano continuare a parlarci. Spesso si tratta di interpretazioni parziali e superabili, perché ricostruire il passato in maniera definitiva è praticamente impossibile. Tuttavia questa operazione è un dovere, non certo un lusso: come un individuo non può vivere senza la propria memoria, noi non possiamo capire la pagina del libro che stiamo leggendo e quelle che leggeremo, senza aver prima letto le precedenti, perché non siamo un unicum ma facciamo parte di un continuum».
Prendendo spunto dal centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon, ribattezzato il ‘faraone bambino’, il direttore del Museo egizio di Torino, Christian Greco, ha illustrato al folto pubblico intervenuto venerdì scorso nell’Odeion “Fiorenza Bonfiglio” di Villa San Saverio, la sua visione dell’archeologia e il ruolo cruciale che possono avere i musei contemporanei nel nostro Paese.
«L’Italia – ha osservato Greco, accennando alla sua esperienza alla guida della prestigiosa istituzione torinese che si prepara a celebrare il bicentenario della sua fondazione - è considerata un magnifico magazzino di opere d’arte, che secondo l’articolo 9 della Costituzione appartengono a tutti noi e sono affidate ai musei affinché le custodiscano. Questo non può bastare più: i musei devono essere capaci di costruire la memoria, abbandonare il ruolo di ‘deposito’ di reperti e produrre ricerca e cultura in maniera creativa per la società».
Greco è stato accolto e introdotto dal rettore Francesco Priolo e dal presidente della Scuola Superiore di Catania, Daniele Malfitana.
In foto da sinistra il rettore Francesco Priolo, il direttore del Museo egizio di Torino, Christian Greco, e il presidente della Scuola Superiore di Catania, Daniele Malfitana
«Oltre a costituire una straordinaria opportunità di arricchimento per gli allievi della Scuola di eccellenza – ha sottolineato il rettore -, la sua presenza all’Università di Catania è un segnale importante per tutta la comunità scientifica catanese dove i temi della conoscenza, della gestione e della valorizzazione del patrimonio culturale sono declinati con importanti risultati secondo una tradizione ben consolidata. Non a caso, il nostro Ateneo può vantare una Scuola di Archeologia molto antica e prestigiosa nel panorama nazionale». «Siamo davvero onorati di poter ospitare una sua ‘lectio’ – ha aggiunto il prof. Malfitana -. Greco è un profondo ‘innovatore’ e in questi ultimi anni ha contribuito in maniera rilevante a definire sempre più la fisionomia del contenitore museale come luogo in grado di tessere una rete ed influenzare la società civile».
"Vedo cose meravigliose. Ovunque il luccichio dell'oro!” avrebbe detto l’archeologo britannico Howard Carter al proprio mecenate Lord Carnavon in un giorno di novembre del 1922, sbirciando dietro la parete che celava la camera funeraria della tomba denominata KV62, nella Valle dei Re a Luxor, contenente il corredo funebre più ricco e bello del mondo, oltre alla splendida maschera in oro e lapislazzuli del sarcofago reale.
Da quel momento in poi, Carter – che non fu mai considerato un egittologo in senso stretto dai suoi contemporanei – da semplice disegnatore e funzionario di Sua Maestà divenne nel giro di una notte l’archeologo più celebre della sua epoca. E Tutankhamon, faraone della 18.esima dinastia scomparso appena diciottenne e fino ad allora misconosciuto dagli studiosi, si ritrovò ad essere una ‘superstar’ del mondo antico, oggetto di una vera e propria “Tut-mania”.
Dal palco del piccolo anfiteatro di Villa San Saverio, Greco ha quindi raccontato per quasi due ore la vicenda dell’incredibile scoperta di Carter, catturando l’attenzione del pubblico con dettagli, aneddoti e splendide immagini del faraone bambino e dei suoi presunti predecessori, secondo quanto riporta il ‘Canone regio’, un papiro risalente al regno di Ramses II che riporta l'elenco dei sovrani dall'unificazione dell'Alto e Basso Egitto, insieme con la durata del loro regno: Amenoteph III, Akhenaton, la bellissima regina Nefertiti, tra questi. Uno story-telling carismatico ed erudito, che ha permesso di rievocare, in una bella serata di fine estate, una delle vicende universalmente considerate più affascinanti della storia dell’Egitto antico. E che, grazie all’incessante lavoro degli archeologi e all’efficacia delle nuove tecniche d’indagine, continua a trasmettere la sua eco nella società contemporanea.