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Il messaggio lanciato dal rettore Francesco Priolo alle studentesse e agli studenti che hanno preso parte all’incontro “Violenza e fragilità: dagli strumenti di prevenzione all’educazione affettiva”
«Occorre investire maggiormente sulla cultura e sulla formazione, e informazione, dei nostri giovani per sconfiggere definitivamente la piaga della violenza sulle donne. Per vincere questa battaglia è necessario un cambiamento nel nostro modo di agire con interventi che vedano sempre più attivi il mondo della scuola e dell’università. È inammissibile che nell’ultimo anno si siano verificati 104 casi di femminicidio in Italia».
Un messaggio forte e chiaro quello che il rettore Francesco Priolo stamattina ha rivolto alle studentesse e agli studenti che hanno preso parte, nell’aula magna del Palazzo centrale, al convegno dal titolo “Violenza e fragilità: dagli strumenti di prevenzione all'educazione affettiva” in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
«L’Università di Catania da anni è promotrice di buone prassi e di iniziative concrete, penso alla recente adozione del Gender Equality Plan – ha aggiunto il rettore -. In ateneo la presenza delle donne nei ruoli apicali della governance si attesta quasi al 50%, ma occorre fare sempre di più».
L’evento, promosso dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’ateneo catanese e dall’associazione nazionale Antimafia “Alfredo Agosta”, ha registrato anche la presenza del prefetto Maria Carmela Librizzi, del questore Vito Calvino e dell’avvocato generale della Corte di Appello di Catania, Carlo Caponcello.
«Ancora oggi, in questa società, le donne rinunciano al lavoro per assistere i propri familiari, sono penalizzate sul lavoro e nel trattamento economico e devono sacrificarsi per accudire la prole – ha spiegato il prefetto Maria Carmela Librizzi -. È questa la vera fragilità del sistema socio-economico-culturale della società e nonostante i numerosi interventi portati avanti dalle istituzioni registriamo 104 vittime in un anno. Vuol dire che il sistema non ha funzionato. Dobbiamo aiutare le donne e i bambini, quest’ultimi soggetti fragili che purtroppo spesso assistono o sono vittime dei maltrattamenti e che non hanno “voce”. Tutti noi dobbiamo fare “rete”, dalle istituzioni alle forze dell’ordine, dalle associazioni ai centri antiviolenza per prevenire e aiutare le donne a denunciare».
Un momento dell’intervento del rettore Francesco Priolo
A seguire la prof.ssa Adriana Di Stefano (delegata del rettore alle Pari opportunità) ha sottolineato che «in Europa negli ultimi anni si sta lavorando alla uniformazione dei reati e alla specializzazione degli operatori per contrastare questi fenomeni», mentre la prof.ssa Loredana Cardullo ha evidenziato «il ruolo fondamentale della pedagogia e della psicologia per migliorare la formazione globale dell’individuo sin dai primi anni con una mirata formazione».
Per Vincenza Bifera, presidente dell’Associazione “Alfredo Agosta”, «occorre analizzare attentamente la “biografia” delle vittime, ovvero tutti quei segnali che spesso non sono compresi e che poi sfociano nel femminicidio, basti pensare che il 70% dei casi di femminicidio è opera del partner o dell’ex». «Lo Stato è intervenuto in questi anni inserendo nel codice penali nuovi reati, come il revenge porno o lo stalking, e inasprendo anche le pene, ma la legislazione deve ancora fare passi in avanti per scardinare questa piaga» ha aggiunto la dott.ssa Bifera alla presenza di Antonio e Giuseppe Agosta, figli del carabiniere ucciso barbaramente nel 1982.
E proprio la dott.ssa Anna Trinchillo, sostituto procuratore al Tribunale di Catania, si è soffermata sul ruolo del legislatore che sta favorendo «la specializzazione dei magistrati sui reati che colpiscono i soggetti deboli» e al tempo stesso sta potenziando «la prevenzione di questi reati anche con una “lettura” più approfondita di tutti gli indicatori oltre che con interventi di formazione e informazione nelle scuole dove già emergono, purtroppo, casi di privazione delle libertà delle ragazze per mano del fidanzato». «Purtroppo ancora oggi assistiamo ad una “doppia” veste della donna che riesce ad affermarsi nella vita pubblica, mentre in quella privata è ancora un “oggetto” in mano all’uomo che perpetra limitazioni e violenze che poi sfociano anche in femminicidi» ha aggiunto il sostituto procuratore.
Nel corso dell’incontro – moderato dal prof. Emanuele Coco dell’ateneo catanese – sono intervenuti anche le docenti Elisabetta Sagone e Gabriella D’Aprile che hanno tratteggiato il tema della violenza sulle donne e della gestione dei sentimenti incentrandolo sul lavoro educativo volto a rimuovere gli stereotipi di genere e a fare maturare una più viva capacità di gestire i sentimenti, le emozioni e l’incontro con l’altro/l’altra.
«Mi auguro che il 25 novembre dei prossimi anni non si parli ancora di violenze sulle donne perché finalmente questa piaga è stata estirpata del tutto da questa società» ha spiegato la prof.ssa Elisabetta Sagone che ha ricordato i “casi” delle giovani Filomena, Valentina, Lucia e Jessica «che hanno subito violenze e ancora oggi portano i segni visto che i loro corpi e volti sono stati sfigurati per sempre». «Occorre lavorare molto sull’aspetto psicologico della persona, sin dalla scuola» ha aggiunto. Sulla stessa linea anche la prof.ssa Gabriella D’Aprile che ha sottolineato «l’importanza dell’aspetto pedagogico in questo contesto e della scuola che deve investire maggiormente sulle competenze non cognitive».
In chiusura la dirigente scolastica dell’IIS “Vaccarini” di Catania, Salvina Gemmellaro, ha illustrato lo spot “Metti un punto. Lasciati aiutare” realizzato dagli alunni in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e selezionato, insieme con i prodotti di altri due istituti in campo nazionale, nell’ambito del progetto “Prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne”.
Un progetto su cui è intervenuto anche il comandante della Legione Carabinieri Sicilia, il generale di brigata Rosario Castello, che ha evidenziato «la finalità dello spot, ovvero quello di denunciare e far emergere quelle violenze spesso sommerse tra le mura domestiche» oltre a ricordare «le azioni dell’Arma mirate alla prevenzione e alla repressione grazie anche al contributo di associazione e club service nella realizzazione di 20 “stanze di ascolto” nelle stazioni dei carabinieri per aiutare le vittime di violenza».
Il rettore Francesco Priolo insieme con i relatori del convegno e con i rappresentanti delle forze dell’ordine in una sala del Rettorato