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Esperti del nostro ateneo a confronto su sanità, rischio sismico, energia, trasporti e convivenza civile nel corso di un convegno del Lions Club Catania Host
Dimentichiamo il mito della Milano del Sud. Catania forse non lo è mai stata, nemmeno ai tempi belli. Sicuramente, non lo sarà più. Ma quale città, allora, sarà Catania. Meglio: quale città vuole diventare, tra venti o trent’anni?
L’occasione per porsi coralmente questa domanda è stata offerta da un confronto organizzato dal Lions Club Catania Host che si è tenuto mercoledì 3 maggio allo Yachting Club di Catania, al quale hanno preso parte alcuni docenti dell’Università di Catania e lo stesso rettore Francesco Basile, chiamato anche in veste di esperto di sanità pubblica.
Sul piatto, un accenno alle tante occasioni mancate del passato e ai modelli di sviluppo miseramente falliti per responsabilità politiche e amministrative o a causa della crisi economica, ma soprattutto l’indicazione di possibili strategie: per uscire dalla crisi, per trovare nuove vocazioni produttive, abbandonare destini univoci, coinvolgere tutta la comunità nella scelta del proprio futuro possibile.
“Esistono modalità concrete per fare nuova economia – ha aggiunto il dottor Antonio Pogliese, past governatore Lions Distretto Sicilia e presidente del Centro di documentazione, ricerca e studi sulla cultura dei rischi che ha moderato la tavola rotonda -, rassegnandoci al fatto che alcune scelte operate nei decenni precedenti sono miseramente falliti, si guardi per esempio a quanto è stato fatto nel settore del commercio e del turismo o al cattivo utilizzo dei fondi strutturali europei, a partire dal 2007: se ben impiegati, questi sarebbero stati fondamentali per rigenerare un’economia debole come quella siciliana”.
Si può ripartire allora dalle eccellenze esistenti nella sanità catanese, come ha ricordato il rettore Basile: “A Catania la sanità è di ottimo livello, abbiamo diversi punti di forza riconosciuti a livello nazionale e internazionale, personale altamente preparato e strutture moderne. Ciò che manca è un ulteriore salto di qualità sul piano dell’organizzazione – ha osservato Basile – ma ciò dipende soprattutto dalle decisioni della Regione che al momento ha ampiamente disatteso le opportunità offerte dalla riforma sanitaria del 2005 e che adesso rischia di non essere in grado di assicurare adeguati finanziamenti per il personale da impiegare nel nuovo ospedale San Marco che sarà aperto entro il 2017”. Per quanto concerne il ruolo dell’Ateneo, “è nostro compito migliorare la qualità dei professionisti, puntando sulla preparazione di laureati e specializzandi, e interagendo maggiormente con le aziende sanitarie pubbliche e private affinché si faccia ricerca anche al di fuori dei Policlinici”.
Un’altra imperdibile opportunità per rilanciare l’economia etnea può senza dubbio provenire da una massiccia operazione di rigenerazione urbana, in funzione innanzitutto di prevenzione antisismica, come ha dimostrato, conti alla mano, l’urbanista Paolo La Greca: “Viviamo in uno dei territori più rischiosi dal punto di vista sismico – ha ricordato -, sia per condizioni tettoniche e geologiche, sia per la vulnerabilità delle strutture edilizie, specie quelle datate prima del 1981, sia, infine, per l’elevatissima urbanizzazione del territorio cittadino. L’urbanistica, in questo senso, può dare indicazioni per definire le priorità in ordine alle scelte su cosa conservare del nostro patrimonio storico-architettonico degradato, sui modi per trovare le risorse per la sostituzione degli edifici meno resistenti e sugli strumenti legislativi e amministrativi da mettere in campo per favorire gli interventi, attraverso un diretto coinvolgimento dei privati e delle comunità”.
Partendo da un’analisi dei flussi commerciali nell’area europea e del Mediterraneo, il prof. Matteo Ignaccolo, ordinario di Trasporti, ha poi dimostrato quante concrete possibilità di sviluppo ci potrebbero essere per la città da un più razionale sfruttamento del porto, non solo in termini economici ma di reale simbiosi tra “una città di mare come Catania e il mare stesso, se, come avviene in centinaia di altre realtà europee, la pianificazione dei due ambiti, cittadino e portuale, fosse maggiormente coordinata”.
Enormi potenzialità, in virtù della particolare collocazione geografica e ambientale, deriverebbero anche dal ricorso ad un modello energetico alternativo e sostenibile, come ha ricordato il prof. Rosario Lanzafame, ordinario di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente: “Siamo all’avanguardia nella progettazione di sistemi per impianti solari o eolici – ha lamentato -, non altrettanto bravi nel mettere a frutto gli studi per sfruttare adeguatamente, ad esempio, l’altissimo tasso di irraggiamento al suolo nel nostro territorio”. Infine, solidarietà accoglienza e integrazione sono i tre concetti approfonditi dal prof. Orazio Licciardello, ordinario di Psicologia sociale, che ha messo in risalto alcune delle problematiche più attuali che investono la città, l’Isola e tutto il nostro Paese a causa dei flussi migratori di portata epocale a cui stiamo assistendo quotidianamente: “Se vogliamo assicurare condizioni di convivenza civile – ha spiegato -, dobbiamo lavorare affinché sia realizzato un reciproco rispetto delle identità, insistendo sul ruolo della scuola e degli insegnanti, delle università, degli psicologi e degli urbanisti e dei politici, evitando altresì che si creino nelle città delle enclave abitative sulla base delle etnie, che poi si trasformano in ghetti e, di conseguenza, in pericolosi focolai di radicalizzazione. Nulla può essere lasciato al caso, di fronte a questa emergenza”.
“Tutti noi chiediamoci in che genere di città vogliamo vivere –ha concluso il prof. Giacomo Pignataro, ordinario di Scienza delle Finanze e già rettore dell’Ateneo, tirando le fila dei vari interventi -, domani e tra 20-30 anni: la vera grande questione è legata, oltre che all’attuale drammatica crisi dell’economia, alla staticità demografica che nell’arco di qualche decennio cambierà la fisionomia delle nostre comunità, se non vi poniamo in qualche modo rimedio”.
La strategia, per l’economista catanese, può essere allora quella di immaginare una città che offra ai suoi abitanti opportunità positive di vita e di lavoro, in grado di attrarre risorse finanziarie e umane anche attraverso le proprie infrastrutture sanitarie di qualità, di superare i ‘gap’ infrastrutturali nelle vie di comunicazione, e di trasformare in grandi opportunità i grandi problemi legati al rischio sismico e idrogeologico. “Una città che sappia essere accogliente – ha proseguito -, in nome della solidarietà ma anche del riequilibrio demografico, moderna, sostenibile dal punto di vista ambientale e che punti sulla creatività e sull’innovazione, sostenendo il diritto allo studio di migliaia di giovani che oggi sono costretti a rinunciare all’istruzione superiore e restituendo valore alle parole merito e res publica”.