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Alla Scuola Superiore di Catania incontro con l'astronauta catanese e il presidente dell'Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston
“Grazie alla tecnologia che noi stiamo sperimentando oggi, tra venticinque anni, qualcuno dei ragazzi che stasera è seduto qui, potrà farsi un selfie su Marte, anche più bello di quelli che ho fatto io dallo spazio”. E’ l’augurio che l’astronauta di origine paternese Luca Parmitano ha fatto ai molti giovani presenti a Villa San Saverio, sede della Scuola Superiore di Catania, dove è stato ospite venerdì sera, insieme con il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston.
L’incontro, dal significativo titolo “Viaggio nello spazio”, è stato promosso dalla Scuola e dall’Accademia Gioenia e ha alternato i suggestivi racconti delle “passeggiate spaziali” fatte da Parmitano – il primo italiano ad effettuare, nel 2013, le cosiddette attività extraveicolari intorno alla Stazione spaziale internazionale – all’elenco delle numerose iniziative italiane ed europee nel settore aerospaziale, puntualmente descritte dal presidente Battiston, che ha anche lasciato intravedere ai presenti lo scenario neanche tanto futuribile della “new space economy”, incentrato, oltre che sulla realizzazione di componenti per i missili o i satelliti, sulla commercializzazione dei dati che provengono dalle osservazioni degli stessi satelliti.
Introdotti dal presidente della Scuola Francesco Priolo e dal presidente dell’Accademia Gioenia Mario Alberghina, che ha ricordato la figura del prof. Annibale Riccò, il primo docente ad avere in Italia la cattedra di Astrofisica, i due ospiti hanno regalato al foltissimo pubblico intervenuto interessanti riflessioni nelle quali tornavano ripetutamente le parole chiave “scienza”, “tecnologia”, “innovazione”, “idee”, tutti concetti perfettamente sintetizzati nei video promozionali dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana, e dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, di cui fa parte l’astronauta siciliano.
“Andare su Marte – ha osservato Parmitano – per l’uomo è cento volte più difficile che arrivare sulla Luna. Non possiamo accontentarci dell’egregio lavoro che stanno facendo adesso i due “colleghi robot” Curiosity e Opportunity. L’uomo ha il gene di Ulisse, è spinto dal desiderio di esplorare e, per tale ragione, continuerà a insistere fino ad ottenere la tecnologia idonea a raggiungere il Pianeta Rosso”.
“L’Italia è stato il terzo Paese a lanciare un missile con un satellite in modo autonomo – ha ricordato Battiston -, il nostro Paese ha già cinquant’anni di esperienza nel settore della ricerca aerospaziale e oggi, collaborando con gli altri Paesi , in una situazione che non è più quella della gara allo spazio tra Usa e Urss, si trova in una posizione di tutto rispetto sia per la costruzione di componenti, sia per il contributo alle missioni internazionali, che poi offrono anche una ricaduta industriale importantissima”.
Battiston cita l’Avio, un’azienda che realizza vettori che servono a portare nello spazio satelliti e strumentazione per lo spazio civile, di recente quotata in borsa, il lanciatore messo a punto col progetto Vega, il sistema di satelliti Copernicus, che presto integrerà il Gps, rendendo le informazioni molto più precise, per esempio, in caso di guida automatica dei veicoli, fornendo errori di posizione di qualche decimetro, non più di metri. E poi ci sono il sistema Cosmo Sky Med, che osserva la Terra per restituire informazioni utili all’agricoltura, alla salvaguardia del territorio, al monitoraggio dell’acqua, ma anche per usi militari… E ancora, regala la suggestione del turismo spaziale - “Molto presto potremo andare da Roma a Sidney con un’ora di volo suborbitale, su uno spazioplano” – annunciando che “stiamo provando a realizzare anche in Italia uno spazioporto, dal quale partiranno le navicelle piene di turisti col desiderio di provare questa esperienza o anche solo di vedere la Terra da fuori l’atmosfera”. E non è certo una battuta la sua, quando parla di una nuova figura professionale, l’Astro-economist: “Già adesso – spiega – ci sono tantissime start up fatte da giovani che fatturano centinaia di migliaia di dollari, rivendendo dati che provengono dalle osservazioni della Terra, utili per mappe, navigatori o altri servizi innovativi. E’ davvero un settore molto promettente, che si nutre di idee, tecnologie, inventiva”. E che ha bisogno di continui investimenti in ricerca, premette: “Ma, per fortuna – chiosa –, in questo settore l’Unione europea al momento è molto unita e autorevole, pur essendoci ancora molta distanza rispetto a ciò che fa la Nasa”.
Parmitano ha quindi rapito l’attenzione del pubblico raccontando minuziosamente le sue ‘passeggiate’ nel vuoto, alternando la spiegazione di dettagli tecnici sull’equipaggiamento e sugli obiettivi delle attività con emozioni e sensazioni provate in quei giorni di luglio del 2013 al di fuori della Stazione spaziale: “Per esempio, il silenzio assoluto dell’ambiente intorno a noi, la profondità del nero, che non è più un colore ma è l’assenza di colori. E all’improvviso l’alba, che si presenta, in meno di un istante, come l’esplosione di una luce bianchissima che ti toglie il fiato. E’ una sensazione che resta sempre con te, e che ti mancherà per sempre, una volta che l’hai provata”.
Racconta poi di ciò che ha vissuto nella seconda attività, quando un imprevisto ha messo seriamente a rischio la sua vita. “All’improvviso il mio casco si è riempito pian piano di acqua, per un guasto al sistema di raffreddamento interno della tuta, intasandomi via via gli occhi, le orecchie, il naso. Non riuscivo più a comunicare con nessuno. Mi sono ritrovato per alcuni minuti isolato da tutto”. La freddezza che si guadagna con l’addestramento, il supporto dei compagni, la lucidità mantenuta gli hanno permesso di rientrare e salvarsi, pur essendo costretto a interrompere la missione. “Sì, ammette, ripensandoci sono stati minuti drammatici. Ma non volevo essere il primo astronauta siciliano ad annegare nello spazio, pensavo ai titoli beffardi sui giornali… E così sono ancora qui”, scherza. “Ma questa mia brutta esperienza servirà ad evitare che in futuro possa riproporsi questo stesso inconveniente, questo è il lato positivo”.
Rispondendo, infine, ad alcune domande, Parmitano la sua giovinezza in Sicilia e tutto l’inizio della sua carriera: “Da bambino – dice – sognavo di fare l’astronauta, ma alla fine più che i sogni sono serviti i progetti”. E conclude affermando: “Mi piace molto tornare nella mia terra a raccontare la mia esperienza. Ciò che mi preme di più è testimoniare che, anche partendo da qui, con le giuste motivazioni, si può arrivare a crescere e a emergere in tutti i campi. Non è facile ma, volendo, si può arrivare davvero lontano…”