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Promosso dai docenti del Disum Rosario Castelli e Margherita Verdirame per presentare l’omonima collana di testi inediti o rari editi dalla Lussografica
Dal 23 al 25 ottobre scorso, nei locali del Collegio d’Aragona dal 23 al 25 ottobre, si è svolto il convegno internazionale “Latitudini mediterranee”, organizzato dai docenti del dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania Rosario Castelli e Margherita Verdirame per presentare l’omonima collana di testi inediti o rari editi dalla Lussografica, diretta dalla stessa prof.ssa Verdirame.
Il convegno si è aperto con l’intervento del prorettore Giancarlo Magnano San Lio, il quale ha sottolineato "l’importanza dell’iniziativa e l’interesse attuale del tema, legato innanzi tutto alla centralità europea del mare nostrum come spazio di scambi interculturali e di aggregazione tra i popoli che si affacciano sulle sue coste".
La prima giornata dei lavori, presieduti dal professor Salvatore Adorno, si è concentrata in particolare sul Mediterraneo e la Sicilia, dove fin dall’antichità si sono realizzati “processi acculturativi” che hanno permesso a varie civiltà di entrare in contatto. Sulla scorta di ritrovamenti preistorici l’archeologa Simona Inserra ha illustrato le dinamiche degli interscambi tra civiltà “superiori” (per esempio quella micenea) e culture autoctone isolane fin da epoche antichissime. Sulla stessa linea si è sviluppata la relazione di Barbara Mancuso che da storica dell’arte ha esaminato la diffusione e la ripresa innovativa di modelli pittorici che sono rimbalzati tra la Sicilia e Malta nel Seicento per poi raggiungere le corti continentali, scavalcando frontiere e mostrando quanto sia fallace la distinzione tra “centro e periferia”. Si pensi all’opera di Caravaggio che da Malta, “mercato artistico nel cuore del Mediterraneo”, ha influenzato tutta la pittura europea. Non sugli scambi e i contatti, bensì sulla conflittualità tra popoli che nei secoli si sono scontrati attorno all’isola dei Cavalieri, è intervenuto Giannantonio Scaglione, le cui ricerche storiche si sono orientate in special modo sull’assetto urbanistico di La Valletta e sull’espansione della città che ha mantenuto per secoli invariato il prevalente impianto fortificato e difensivo, a dimostrazione di quanto gli abitanti temessero il ripetersi degli attacchi provenienti dal mare.
La seconda giornata, presieduta dal professor Antonio Di Grado, ha spostato l’asse delle relazioni sul piano letterario. Di Dante e delle presenze nella sua opera di elementi della cultura arabo-islamica ha parlato Sergio Cristaldi che ha approfondito alcune suggestioni di studiosi come Maria Corti, che titolò un articolo “Dante. Il sommo poeta partorito dall’Islam”. Figure insigni della cultura arabo-islamica si accampano infatti nella Commedia, da Averroè, Avicenna, il Saladino (nel Limbo) allo stesso Maometto con il cugino Alì, nell’Inferno. Spostandosi nell’ambito della contemporaneità Alfredo Sgroi, curatore del volume che ha inaugurato la collana, si è soffermato sulla singolare figura di un letterato catanese del Novecento, Antonio Aniante, che dal “Mongibello” si trasferisce a Parigi e sulla costa ligure senza mai dimenticare e sognare le sue origini isolane. Il racconto memorialistico dello scrittore - ha concluso l’oratore - con l’insistenza sulla nostalgia e sulle peripezie della sua vita, ha caratteristiche di una visionaria e di affascinante cronaca picaresca. Infine Fernando Gioviale si è concentrato sulla “nostalgia mediterranea” di Stefano D’Arrigo, in particolare sul tema del ritorno che l’oratore indica come “motivo o mito personale” dell’autore di quel fluviale romanzo Horcynus Orca che rappresentò un dibattuto “caso” letterario novecentesco; un’opera che ruota attorno alla calda “centralità mediterranea” esaltata dallo scrittore messinese e rappresentata con uno stile di pregnante simbolicità.
Lo stesso professore Gioviale ha presieduto la seduta pomeridiana del Convegno, che si è avvalsa del contributo dell’anglista e studioso di testi odeporici Rosario Portale, a cui si deve la scoperta di un personaggio nascosto tra le pieghe della storia, che fu in Sicilia esaltandone le bellezze architettoniche. Si chiamava Whaley Armitage (1767-1814) ed era un giovane avvocato inglese le cui esperienze di viaggio compresero le tappe siciliana e maltese, diventando oggetto del suo diario privato conservato in un voluminoso manoscritto conservato al Trinity College di Cambridge. Di seguito Rosaria Sardo ha parlato della realtà comunicativa plurilinguistica nella Sicilia vicereale. L’isola mostra connotati peculiari di proiezione mediterranea e reticoli di rapporti tra italiano, siciliano e spagnolo utilizzati da parlanti, scriventi e attestati nelle tradizioni testuali. All’interno di questa rete testuale internazionale, si possono individuare in particolare tre interessanti circuiti comunicativi. Quello politico (lettere, relazioni), quello letterario (è il caso della corrispondenza Veneziano-Cervantes), quello tecnico-militare (la “cosmografia” di Spannocchi). Ai reticoli comunicativi che investono la lingua si accompagnano dentro e fuori dall’Isola i rapporti, diretti o mediati ma sempre molto fitti, istaurate dagli artisti e particolarmente evidenti proprio nel campo delle diverse arti figurative. Ne ha discusso Valter Pinto, il quale, dopo le rotte adriatiche individuate da Roberto Longhi ha segnalato le rotte mediterranee della pittura alfonsina, che hanno nella Palermo aragonese del secolo XV il loro punto di approdo.
Presieduta da Andrea Manganaro, la seduta del 25 ottobre si è aperta con lo sguardo del geografo Sergio Guglielmino sulla situazione geopolitica del Mediterraneo nel corso dei secoli. Guglielmino ha messo in luce come questo grande mare interno contenga in scala minore tutte le problematiche (interessi politico-economici, controllo delle vie commerciali, conflitti ideologici ed etnici, scontri religiosi…) “del sistema-mondo odierno esprimendone sinteticamente tutti gli aspetti e le complessità”. Collegandosi idealmente ai contenuti di questo intervento, la studiosa di letteratura italiana nell’Ateneo di Caen, Silvia Fabrizio-Costa ha presentato un atlante cinquecentesco quasi del tutto sconosciuto e pervenutici in pochissimi esemplari. Si tratta della raffigurazione allineata sulle conoscenze scientifiche dell’epoca delle Isole di Simone Pinargerti (1573), in “un Mediterraneo tra immaginario e realpolitik”. Cartografie, atlanti e portolani ci offrono non solo l’aspetto fisico dei luoghi, ma tra le loro immagini si rintracciano anche le vie degli spostamenti dei popoli e i mutamenti politici che determinano nuove definizioni di territori e confini. E appunto le dinamiche della storia, con le guerre tra nazioni e la ricerca di indipendenza vedono in Sicilia un condensato di idealità e compromessi, come quelli che costellarono le battaglie unitarie e l’impresa dei Mille nell’Isola. Questo è il quadro di riferimento in cui si collocano le memorie del viaggio in Sicilia di Louise Colet, una letterata del primo Ottocento, appassionata garibaldina e sostenitrice delle idee risorgimentali di cui ha parlato Brigitte Urbani presentando il secondo volume, da lei tradotto e curato, della collana “Latitudini Mediterranee”. La cronaca odeporica al femminile della Colet presentata per la prima volta ai lettori italiani dalla Urbani si distingue per le caratteristiche stilistiche del racconto e per l’acume delle osservazioni che lo punteggiano.
Il Convegno si è concluso con una seduta seminariale durante la quale la prof.ssa Verdirame, direttrice della collana, ha illustrato il progetto editoriale, che ha nel mare nostrum il suo palcoscenico e nella Sicilia il suo centro propulsore. Coordinando le relazioni conclusive, la docente ha segnalato la novità delle ricerche condotte da Anna Tylusinska - già autrice di un ponderoso volume su viaggiatori polacchi in Sicilia – la quale la illustrato il panorama dei numerosi polacchi che dopo la tappa nella nostra isola visitarono l’isola dei Cavalieri, scoprendone le bellezze naturalistiche e architettoniche ed entrando in contatto con i maggiorenti maltesi. Di seguito Luisa Sorbello ha presentato un testo diafasicamente alto, ovvero la relazione sulle conseguenze del terremoto che colpì Calabria e Sicilia nel 1783. La relazione fu redatta con puntiglio e accuratezza per i membri della Royal Society e i governanti inglesi da William Hamilton, archeologo, diplomatico e vulcanologo, poi ambasciatore inglese a Napoli dal 1784 al 1800.
Ha chiuso i lavori il professor Castelli che ha aperto uno squarcio suggestivo sulla persistenza artistica di un mito squisitamente siciliano e mediterraneo, quello di Aci e Galatea, che da Teocrito, Ovidio e altri innumerevoli autori della classicità greca e latina è giunto fino alla modernità incrociandosi con opere della letteratura “polifemica”, con la musica (si pensi alla “serenata” di Händel) e ispirando scultori sedotti dai protagonisti di questa antica leggenda che dall’Etna scorre fino al mare.