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Secondo gli Endocrinologi dell’Ateneo tra i fattori che possono contribuire a spiegare il differente tasso di letalità che colpisce gli uomini affetti da Covid-19 rispetto le donne, andrebbero considerati il ruolo del testosterone e della ipovitaminosi D
La sindrome respiratoria acuta provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, detto anche COVID-19, sembra avere una mortalità maggiore nel sesso maschile. Una ricerca condotta da studiosi del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Catania, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro, pubblicata sull’International Journal of Molecular Sciences, ha provato a illustrare i possibili meccanismi ormonali alla base del differente tasso di frequenza e letalità negli uomini rispetto alle donne.
Lo studio dal titolo “Sex-Specific SARS-CoV-2 Mortality: Among Hormone-Modulated ACE2 Expression, Risk of Venous Thromboembolism and Hypovitaminosis D” è stato condotto dal prof. Sandro La Vignera, endocrinologo dell’Ateneo catanese, insieme con i colleghi prof. Aldo E. Calogero (ordinario di Endocrinologia dell’Ateneo Catanese), prof.ssa Rosita A. Condorelli, Rossella Cannarella (Dottoranda di ricerca in Biomedicina Traslazionale), Francesco Torre, e con il prof. Antonio Aversa, Ordinario di Endocrinologia dell’Università calabrese.
“Tre diversi meccanismi potrebbero spiegare la diversa suscettibilità all’infezione e del suo decorso nei due sessi – spiega il prof. La Vignera -. Il primo potrebbe essere legato all’enzima ACE2, coinvolto nella conversione della angiotensina 2 in angiotensina (1-7), che rappresenta la “porta di ingresso” del virus all’interno delle cellule dell’apparato respiratorio e del cuore”. Dati sperimentali suggeriscono che l’espressione dell’ACE2, da cui dipende l’infezione da SARS-CoV-2, sia maggiore nel sesso maschile e che sia influenzata dai livelli circolanti di testosterone. “Questo fattore – sostiene il ricercatore catanese - potrebbe quindi spiegare la maggiore suscettibilità all’infezione nei maschi, dove può più facilmente causare eventi cardiovascolari”.
Inoltre, recenti studi di popolazione attribuiscono al testosterone un ruolo nella patogenesi di fenomeni tromboembolici, coinvolti nella letalità da COVID-19. Anche questo secondo meccanismo potrebbe dunque essere coinvolto nella maggiore mortalità da COVID-19 nel sesso maschile.
Infine, la carenza di vitamina D, particolarmente frequente nei maschi di età avanzata, sembrerebbe favorire l’aggravarsi dell’infezione dell’apparato respiratorio, aumentando la letalità del virus nel soggetto infetto. “Questi tre meccanismi – suggeriscono gli autori della ricerca - potrebbero spiegare la maggiore mortalità nel sesso maschile e necessitano di essere presi in considerazione nella gestione terapeutica dei pazienti affetti da COVID-19”.
“Sulla base di questi dati – conclude il prof. La Vignera - il ruolo dell’Endocrinologo può risultare importante nella corretta gestione della terapia con testosterone nei soggetti di sesso maschile, potendone prevedere, caso per caso, correzione della posologia, eventuale periodo di breve sospensione o impiego di preparati con azione antagonista e/o selettiva”.